lunedì 5 ottobre 2009

Polmone : rischio Radon

Polmone : rischio Radon
nel 17 per cento delle case italiane
Il gas presente nel sottosuolo è la seconda causa
di cancro polmonare dopo il fumo.

Donatella Barus
(Fondazione Veronesi)
29 settembre 2009 (ultima modifica: 30 settembre 2009)

MILANO - Sarebbero oltre tre milioni le abitazioni in Italia esposte a livelli di radon tali da aumentare il rischio di tumore al polmone e il pericolo si moltiplica per i fumatori. Sono le conclusioni tratte da un rapporto dell’Organizzazione mondiale della Sanità sul radon nei luoghi chiusi, un gas radioattivo naturale che rappresenta il secondo fattore di rischio per cancro polmonare (dopo il fumo) e che, nel nostro Paese, può essere collegato ad almeno 3mila casi l’anno di questa malattia.

IL TESTO - «WHO Handbook on indoor radon: a public health perspective» dopo 3 anni di lavoro di un gruppo di oltre 100 esperti di 35 Paesi,e si basa sull’analisi dei dati epidemiologici mondiali più recenti (13 studi condotti in Europa, sette in America e due in Cina). Due le novità degne di nota, riassume Francesco Bochicchio, dirigente di ricerca del dipartimento Tecnologie e salute dell'Iss, coordinatore del Piano nazionale radon e componente del comitato editoriale che ha redatto il rapporto dell’Oms«Primo: il rischio di sviluppare un tumore del polmone aumenta in maniera statisticamente significativa anche per livelli di esposizione relativamente bassi, che quindi non possiamo più trascurare. Secondo: il rischio oncologico legato al radon per chi fuma è circa 20 volte più alto e diventa necessario coordinare le politiche di prevenzione sul radon con le campagne contro il tabagismo».

NUOVE SOGLIE DI RISCHIO - Alla luce dei nuovi dati, l’Oms propone un abbassamento dei livelli concentrazione di radon raccomandati. In particolare, il valore di riferimento per minimizzare i rischi per la salute è di 100 becquerel al metro cubo (bq/m3) e in ogni caso non dovrebbe mai superare i 300 bq/m3. Allora, quante abitazioni in Italia sarebbero fuori soglia? Esistono calcoli precisi, risponde Bochicchio: «Il due per cento del totale (circa 400 mila edifici) supera i 300 bq/m3 e il 17 per cento è oltre i 100 bq/m3 raccomandati».

IN ATTESA DI UNA NORMATIVA - «È necessario intervenire anche sui livelli di concentrazione più bassi – osserva Bochicchio – . Il metodo più efficace è intervenire nelle nuove costruzioni con sistemi di prevenzione, inserendo delle barriere contro l’ingresso del radon dal sottosuolo. Il Piano nazionale radon ha già emanato una raccomandazione in tal senso, anticipando il rapporto dell’Oms. Il documento, però, non ha valore normativo, quindi si è deciso insieme al Ministero della salute di portarlo in Conferenza Stato-Regioni, per arrivare a un’intesa e introdurlo nei regolamenti edilizi locali. Questo per velocizzare i tempi. Nel frattempo, si darà avvio a una proposta di normativa complessiva sul radon nelle abitazioni, che l’Italia ancora non ha» (esiste invece un decreto legislativo del 2000 che fissa la disciplina sul radon negli ambienti di lavoro).

LA PREVENZIONE PARTE DAI CANTIERI – Sulle abitazioni esistenti è possibile effettuare interventi di bonifica. «Se si rilevano alti livelli di radon, si può impedire o ridurre l’ingresso continuo del gas nell’abitazione, aspirandolo dal sottosuolo e convogliandolo all'aperto, dove si diluisce in concentrazioni non dannose – spiega Bochicchio -. Vuol dire fare uno scavo sotto le fondamenta dell’edificio e usare una pompa aspirante. Molto più efficace invece, sul piano costo-benefici, intervenire sulle nuove costruzioni. Oltre ad installare una membrana che riduca il passaggio del radon proveniente dal suolo, si può predisporre una sorta di sistema di drenaggio sotto le fondamenta, collegato a un tubo. Si può predisporre una sorta di schermatura nelle fondamenta, collegato a un tubo. In caso di bisogno, allora, basterà collegare il tubo a una piccola pompa aspiratrice da poche decine di Watt». Quanto peserebbe sulle tasche dei costruttori? «Nella peggiore delle ipotesi c’è un aggravio dei costi inferiore all’uno per cento, ma nella maggior parte dei casi si resta sotto l’uno per mille». Vi sono esperienze di altri Paesi? «In molti Paesi, ad esempio, queste norme sono già inserite nei regolamenti edilizi delle zone a maggior presenza di radon. Italia e in Gran Bretagna, invece, si lavora per un regolamento che valga dappertutto».

MAPPE DI RISCHIO - Come sapere se la propria casa è a rischio? L’unica è misurare i livelli di radon. Esistono delle mappe, ma non sono specifiche. Si sa, ad esempio, che Lombardia e Lazio sono le Regioni a maggior concentrazione di radon (fra i 100 e i 120 bq/m3), mentre Liguria, Marche, Basilicata, Calabria e Sicilia restano al di sotto del 40 bq/m3. «Ma questo – puntualizza Bochicchio - non significa che tutte le case di Roma hanno più radon di quelle genovesi. Le mappe servono a chi deve programmare interventi sul territorio, mentre il livello di esposizione della singola casa dipende non solo dalla sua collocazione, ma da come è costruita, dal tipo di sottosuolo, dalla ventilazione e da molti altri fattori. Varia persino fra giorno e notte». La concentrazione media di radon nelle case italiane si aggira intorno ai 70 bq/m3, contro i 60 in Europa e i 39 su scala mondiale.

NON CHIAMATELA EMERGENZA – Su un punto gli esperti vogliono essere chiari: non c’è un «allarme radon». «Si tratta di prevenzione – afferma Bochicchio – perché se sono esposto per decenni ad una certa concentrazione di radon, aumenta il mio rischio di ammalarmi di cancro al polmone, in modo proporzionale alla concentrazione media. Fare seria prevenzione vuol dire salvare molte vite umane. È importante che i cittadini siano consapevoli, ma la cosa più importante che le istituzioni facciano di tutto per ridurre i rischi».

COME SI MUOVE L’EUROPA – Sul radon nelle abitazioni esiste già una raccomandazione dell’Unione europea del 1990, mai recepita però nel nostro Paese. Le cose dovrebbero cambiare presto, secondo l’esperto dell’Iss: «Le prossime direttive Ue sulla radioprotezione includeranno anche il radon nelle abitazioni, mentre per ora si occupano solo del radon sul luogo di lavoro. In questo modo anche l’Italia dovrà recepirle. Le bozze attuali della direttiva mantengono i livelli di esposizione raccomandati nel ’90, ossia 400 bq/m3 nelle abitazioni esistenti, ma ci aspettiamo che vengano riviste al ribasso, anche grazie al gran lavoro di sollecitazione che come Oms abbiamo svolto sugli organismi internazionali da cui derivano le norme».

NOTO SIN DALL’ANTICHITÀ – Il radon è un gas inodore, insapere e incolore, presente in tutta la crosta terrestre, classificato come sostanza cancerogena dall’Oms. Si trova pressochè ovunque, ma è nei luoghi chiusi, come le miniere o le case, che può raggiungere concentrazioni significative per la salute. E non è certo una novità, come racconta Francesco Bochicchio: «Le prime indicazioni risalgono addirittura al primo secolo dopo Cristo e poi, con maggior dettaglio, al sedicesimo secolo, quando si rilevava una mortalità anomala tra i minatori. Ma il caso radon è diventato evidente nel secondo dopoguerra, sempre perché si osservava fra i lavoratori delle miniere di uranio (da cui deriva il radon) un numero di decessi per tumore al polmone più alto della media . Per molto tempo si pensò che il problema fosse limitato ai minatori». Ma a metà degli anni ‘80 un episodio accaduto negli Stati Uniti permise di smascherare finalmente il gas. «Entrando al lavoro in un impianto nucleare, un lavoratore fece scattare gli allarmi radioattività. Fu subito sottoposto ad accurati accertamenti, si temevano perdite di uranio, ma si capì che la contaminazione arrivava dalla sua abitazione, che presentava alti livelli di radon. Mai prima si era pensato a un nemico in casa. Gli Usa, nel giro di pochi anni, misero in piedi un apparato di controlli e norme effettive. In Italia si fecero i primi interventi negli anni ’90, dopo un’indagine nazionale».

UN TUMORE AL POLMONE SU 10 –In Italia si possono stimare circa 3mila casi di tumore al polmone (il 10 per cento del totale) attribuibili al radon. Il dato si basa sugli studi epidemiologici europei, a cui ha contribuito anche una ricerca svolta in Italia dall’Iss con l’Osservatore epidemiologico del Lazio e pubblicata nel 2005 ), che conferma la sinergia micidiale fra radon e tabacco, oltre a suggerire il ruolo protettivo di una dieta ricca di antiossidanti.

Fonte “Corriere della Sera” SALUTE

Nessun commento:

Posta un commento