lunedì 23 novembre 2009

Lo sciopero degli scalpellini in Valle Cervo (1912-13)

Lo sciopero degli Scalpellini in Valle Cervo
1912-1913

Introdurre quest’argomento o scrivere una cronologia d’esso, non è facile. Quello che ci sentiamo di scrivere in modo asettico è, che furono 274 giorni effettivi di lotta sindacale, con ogni certezza, la più lunga vertenza dell’intero panorama nazionale da sempre, quella che gli scalpellini della nostra valle e di Balma in particolare seppero concludere con il loro successo tra il giugno 1912 ed il marzo 1913.

Al di sopra delle implicazioni politiche del tempo e delle nostre simpatie o passioni ideologiche di oggi, possiamo sicuramente affermare che fu una prova di forza che solo la dura scorza del valligiani della Valle Cervo avrebbe potuto sopportare, soprattutto pensando alle ristrettezze del tempo ed ai disagi ulteriori che questa vertenza aggiunse sulla popolazione interessata.
Abbiamo suddiviso il lavoro in 5 diversi capitoli. Questo oltre a rendere la lettura in linea più agevole, offre a nostro avviso, la possibilità di contestualizzare meglio i fatti nel tempo, allo scopo di giungere ad un’opinione personale sull’accaduto.

- Generalità sull’argomento






Note bibliografiche

Lo Sciopero degli Scalpellini” Edito dal Doc.Bi, di Gianni Valz Blin
La grande frode” Edizione Bastoni di Franco Malnati
Dalle corone al caos” Edizione Bastoni di Franco Malnati

Generalità sull'argomento

Lo Sciopero degli scalpellini del 1912-13
Generalità sull’argomento

Dispiace constatare purtroppo che, coloro che oggi si definiscono “storici” non siano stati in grado di fornirci una cronaca del tempo, esente da opinioni di parte.
Lo storico infatti dovrebbe occuparsi di studiare i documenti riportando ai lettori una cronaca obiettiva dei fatti - storici appunto - così come sono avvenuti nel loro contesto storico temporale, e non un racconto romanzato o soggettivo di una porzione di essi, che risenta delle nostre attuali e personali passioni.
Sede sindacale ubicata nell'attuale Abitazione del Sig. Sergio Giroli,
a centro Frazione

Non avendo noi quindi, l’ambizione di definirsi “storici”, proporremmo ai nostri lettori alcune personalissime riflessioni ed opinioni su questa pagina di “storia” locale, per quello che abbiamo potuto apprendere dalle diverse fonti (poche e frammentarie) inquadrandole però, nel contesto storico e politico nazionale del tempo, che abbiamo avuto l’accortezza di approfondire meglio e che riteniamo conoscere sufficientemente.
Quanto riporterò quindi, non vuole essere revisionismo del fatto storico in se, ma solo e semplicemente la rivisitazione delle “pagine” conosciute, leggendole con una diversa sensibilità sociale rispetto quanto fatto dal suo autore, calate nel un contesto generale dell’epoca.
Mi riferisco chiaramente al testo del Doc.Bi. scritto dal Sig. Gianni Valz Blin sull’argomento. Egli, persona indubbiamente di cultura - che stimo anche - per le sue diverse opere ed iniziative locali, fornisce a nostro parere, una visione fortemente faziosa e passionale.

Fin dalle prime righe di questo testo, si ha l’impressione di sfogliare le pagine de “L’Unità” dei primi anni ’50, dove a cominciare dai vocaboli utilizzati, il lettore era guidato più che alla conoscenza dei fatti, verso lo scontro di classe necessario all’esistenza stessa del Partito che la testata rappresentava.

Leggiamo infatti : “All’inizio del Novecento, anche nell’Alta Valle d’Andorno, retta da amministrazioni comunali guidate o condizionate da ricchi borghesi con interessi di classe sovente estranei al proletariato, sorsero e si svilupparono (…) le prime organizzazioni del Partito socialista, alcune leghe di mestiere e le mutue cooperative di consumo. I sentimenti democratici e le maturità politica acquisita soprattutto nell’emigrazione, nella conoscenza e nello studio delle nuove dottrine solidaristiche condussero alcuni capaci e onesti operai, dotati di esperienza, autorevolezza e di grande rigore ideologico , a promuovere azioni di sensibilizzazione e di proselitismo nei confronti dei conterranei e a gettare le basi per la crescita diffusa di una società più evoluta; l’inevitabile antagonismo che si sarebbe creato con il sistema dominante, sostenuto dall’egoismo e dalla difesa di privilegi consolidati, avrebbero prodotto lacerazioni, ma anche fatto crescere all’interno della comunità nuovi valori e forti speranze”

Sono poche righe davvero, ma inquadrano bene …oltre al fatto in se, soprattutto le passioni politiche personali dell’autore.

Vorremmo a tal proposito evidenziare per un successivo commento alcuni punti :

- amministrazioni comunali guidate o condizionate da ricchi borghesi estranei al proletariato
- sviluppo in valle di organizzazioni socialiste autonome ed originali
- i sentimenti democratici e la maturità politica dei rappresentati locali socialisti
- il grande rigore ideologico di costoro
- le azioni di sensibilizzazione e proselitismo nei confronti dei residenti
- l’intransigenza e l’egoismo patronale alla difesa dei loro privilegi consolidati

Prima di addentrarci in una doverosa premessa, necessaria ad inquadrare il fatto e il luogo nel contesto degli avvenimenti nazionali, vediamo di chiarire all’ignaro lettore, che la Valle d’Andorno all’inizio del ‘900, non era una lontana colonia Belga, dove le persone di colore autoctone, venivano usate o svendute a piacimento dai bianchi. Allora infatti, in tutta Italia, era presente una società basata su principi democratici collaudati da tempo, e che proprio nel periodo 1912-13 passò al suffragio universale (maschile). Il sistema Democratico di elezione delle Amministrazioni comunali e politico quindi, non era tanto peggio di quello odierno come l’autore vuol farci intendere.Detto quanto sopra, evidenziamo che la Valle d’Andorno, oggi detta Valle Cervo, non era all’epoca neppure un’entità mitica al di sopra degli eventi nazionali, ma semplicemente una piccola porzione nella complessità degli stessi eventi generali che si svolgevano su tutto il territorio nazionale.

Situazione socio politica del periodo

Lo Sciopero degli scalpellini del 1912-13
Situazione socio politica del periodo

Dal Luglio 1900, l’Italia era entrata in una nuova fase.
Questa, era divenuta realtà infatti, a causa dal malaugurato assassinio del Re Buono a Monza. La poesia d’Italia - come l’avevano definita i poeti dell’epoca - si era guastata, e Vittorio Emanuele III, divenuto Re, invece di riassestare lo Stato, tornando a rappresentarne la sua centralità secondo quanto previsto dallo Statuto Albertino - sulle ali del consenso popolare che si era stretto attorno alla Corona, indignato dalla bassezza dell’atto criminoso a sfondo terroristico del Bresci - preferì, conservare istituzioni basate sulla centralità del Parlamento, confermando la linea fortemente Costituzionale voluta e perseguita dal Padre. Sicuramente un atto di fiducia nel suo Popolo.
Non volle rappresaglie e non indisse neppure nuove elezioni come molti avrebbero desiderato, per trarre vantaggio dal malumore popolare provocato dal Regicidio. I risultati delle ultime elezioni politiche, svoltesi a giugno di quell’anno, vedevano infatti questa situazione :

Destra di Governo 663.418 voti, pari al 52,3 % delle preferenze
Sinistra Liberale (opposizione costituzionale) 271.698 voti, pari al 21,4 %
Socialisti 164.946 voti, pari al 13 %
Sinistra Radicale 89.872 voti, 7,1 %
Repubblicani 79.127 voti, 6,2 %

Questi risultati, che per i tre partiti di estrema opposizione, insieme rappresentavano il 26,3 % delle preferenze, avrebbero - in caso di nuove elezioni - verosimilmente pagato un grave dazio, in favore della Sinistra Liberale e forse anche della Destra al Governo per il motivo su indicato.
Vittorio Emanuele al contrario, giudicò il momento propizio addirittura ad un cambio di vertice del Governo (l’atto di fede di cui parlavamo poc’anzi nel suo popolo, che avrebbe rinnovato più volte in 46 anni di Regno). Ebbe così inizio il periodo d’oro di Giolitti e della sua Sinistra Liberale.
Questi, attuò da subito una politica molto conciliativa, fatto che riuscì ad attenuare molte tensioni nel Paese e ad attrarre nell’ambito legalitario alcune fazioni dei partiti estremi. Ciò consentì complessivamente un buon lavoro di riforme e il miglioramento delle condizioni generali economiche e sociali della Nazione, con il solo grosso difetto di accarezzare troppo i Socialisti, nella speranza che essi si contenessero.
Il Governo in pratica, dava l’impressione da un lato, di lasciarli fare nella convinzione che venissero a miti conigli, dall’altro lato - più fatalista - nella sostanziale convinzione che tanto, alla lunga il socialismo avrebbe vinto, portandosi in dote la repubblica, e che quindi non era il caso di scaldarsi troppo per opporvisi. Un modo più o meno evidente, di vivere alla giornata tamponando gli eccessi.

Il risultato in pochi anni fu vistoso, dai quasi 165.000 voti del 1900, i Socialisti, passarono ai 326.000 del 1904 (21 % circa), ed ai 347.000 del 1909 (19 % circa).
Giolitti comunque, vecchia volpe, sfidò questo stato di cose, osando addirittura l’introduzione del suffragio universale (seppur maschile) nel biennio appunto, 1912 -13 !

Questa mossa, all’apparenza folle per le forze di governo, fu di fatto la battuta d’arresto dei Socialisti, dopo oltre 10 anni di successi !
La lievitazione dell’elettorato, con un aumento dei voti validi da 1.830.000 voti del 1909, agli oltre 5.014.000 voti del 1913, fortemente voluto ed atteso dai Socialisti per fare il pieno delle preferenze tra il popolo, e sedersi al Governo del Paese ribaltando gli equilibri e l’egemonia della maggioranza di allora, si risolse per loro in un fisco tremendo. Vero è che i voti socialisti, passarono a quasi 1.147.000, ma è anche vero, che percentualmente, il Socialismo, rimase sostanzialmente al palo, attestandosi a meno del 23 % in totale delle preferenze ! Un nulla di fatto insomma.
Cos’era successo ? …molto semplice. La parte maggioritaria dei “nuovi” elettori, appartenevano - in una società principalmente ancora basata su una economia agricola - alla classe contadina. Questi, a maggioranza piccoli proprietari terrieri al nord, e cattolicissimi lavoratori e braccianti al sud, legati a doppio spago ai grossi latifondisti da generazioni, preferirono accordare la loro preferenza a quelle forze politiche maggiormente garanti della loro protezione e dello status quo !

Fu la fine di molte “speranze” socialiste, e l’inizio della fase culminante della tensione, che ebbe termine nel 1914 con il periodo definito “settimana rossa
Dal 1900 al 1914 infatti, il Partito Socialista, sfrutta e monetizza con intelligenza ogni possibile occasione, concessa come abbiamo visto da un Governo “molle”. Lo stesso Partito “gestisce” il sindacati e gli scioperi, …due armi extraparlamentari, per moltiplicare virtualmente, ma di fatto, i seggi in Parlamento, condizionando fortemente le scelte della maggioranza governativa, al di sopra delle regole, …anzi, contro le regole !

E’ in questo frangente temporale che si innesta l’episodio valligiano dello sciopero degli scalpellini, cioè quasi al culmine della tensione generale e nazionale, che sfociò alcuni mesi più tardi della “settimana rossa” appunto, in cui vi furono numerosi scontri in tutta Italia, anche sanguinosissimi.
In questa “famosa” settimana, si arrivò a far saltare ponti, a bruciare municipi e prefetture, ad alzare alberi della libertà, a proclamare repubbliche cittadine (es. quella di Fusignano) e a saccheggiare ed incendiare numerose Chiese. Questo fu il fenomeno Socialista in quel determinato momento storico, e non possiamo nasconderlo. Non è corretto credere o indurre a credere che in Valle Cervo puesto movimento fosse diverso o avesse un diverso modo d’agire.
Certo non tutti i Socialisti erano dei facinorosi, anzi la maggioranza erano sicuramente brave ed oneste persone, ma ricordiamolo ancora, in totale costoro erano meno del 23 % dell’elettorato, ma si permettevano dall’alto della loro utopia politica e del loro rigore ideologico, di imporre - complice la svogliatezza del Governo - la propria volontà a di sopra delle Leggi e della Democrazia, facendo uso di violenza ed intimidazione.

La vicenda locale nella Valle d'Andorno

Lo Sciopero degli scalpellini del 1912-13
La vicenda locale nella Valle d’Andorno

La vicenda locale può essere a questo punto riassunta intorno all’apparente banalità, del rinnovo di un contratto di lavoro, precedentemente concordato, tra la rappresentanza operaia degli scalpellini di Balma e le principali ditte del luogo.
Questo contratto, firmato del luglio del 1908, e perfezionato ancora in alcuni suoi punti nel maggio 1909, fu sostanzialmente rispettato ed onorato da entrambe le parti (lavoratori e datori di lavoro) fino al suo rinnovo sulla base riteniamo, non del reciproco rispetto, ma sospettiamo, sulla base di un rapporto di forza palesemente favorevole ai primi, e sfavorevole ai secondi.
Come abbiamo appreso al riguardo della situazione generale italiana di quel periodo, il contratto in oggetto risulta perfettamente integrato in questo contesto di forze contrapposte, dove un Governo molle, lasciava fare per quieto vivere, costringendo in sostanza i datori di lavoro a sottostare alle imposizioni di una minoranza chiassosa e rissosa.
Fu così, che il 17 luglio 1908, le ditte “Giuseppe Mattassoglio e figli”, “Giovanni Battista Guglielminotti Bianco”, “Mattassoglio Vella Crosa” e “Maggiorino Ghiglia” firmarono un capestro, non un contratto !
Questi infatti, oltre ai dovuti aumenti salariali (del 7 % medi), necessari e auspicabili come ad ogni rinnovo di contratto, concedeva spazio ad un vero “cavallo di Troia”.
Il famigerato articolo 2 !
L’abominio di questo articolo, legalizzato nella paura di ripercussioni ancora più gravi e di violenze divenute ormai normali come abbiamo scritto, sanciva l’obbligatorietà di assunzione del solo personale associato alla Lega degli scalpellini di Balma. In un colpo solo insomma, il sindacato, vero braccio armato del Partito Socialista, passava all’incasso di due importanti crediti :

- costringere i datori di lavoro verso maestranze gestite dal Sindacato
- costringere all’iscrizione i liberi lavoratori per poter mangiare

Solo alcuni anni più tardi, è bene ricordarlo ai nostri lettori, un simile malato “ragionamento”, sarebbe stato giustamente condannato, proprio da questi stessi bardi della Democrazia e della Libertà, come una scandalosa ed inaudita imposizione del regime totalitario fascista !

Ma veniamo ai fatti. Non vi era ragione alcuna che il Contratto, trovando naturale scadenza, nel luglio 1912, che non potesse essere velocemente rinnovato. Non potevano esserci dubbi. I lavoratori “in sella” dell’articolo 2 godevano di un privilegio, mentre i lavoratori non associati e i datori di lavoro vivevano in assenza di Stato e di ordine pubblico.
La Confederazione Generale dell’Industria di Torino però, costituitasi nel maggio del 1910, con uno scatto d’orgoglio e nel tentativo di ridare una dignità a quanti tra i loro associati si erano dovuti piegare all’imposizione dell’articolo 2, pose sul tavolo delle trattative, la questione di abrogarlo.


Stazione Ferroviaria di Balma - Addetti al carico del blocchi di sienite

Fu la guerra. Da Balma a Rosazza, con l’appoggio dei lavoratori di Biella, delle cave di Prolungo, Favaro ed Oropa, tutto si bloccò. Trecento lavoratori in sciopero.Dibattiti, assemblee operaie, servizi giornalistici locali e nazionali. Tutto lo scibile insomma di uno scontro di classe o di una battaglia sociale, più che sindacale, perché già dopo le prime settimane di lotta, furono molti i lavoratori a dover abbandonare le proprie case, per recarsi a lavorare altrove per “sbarcare il lunario” per se e per la propria famiglia.

La lotta ad oltranza e l'epilogo

Lo Sciopero degli scalpellini del 1912-13
La lotta ad oltranza e l’epilogo

Conseguentemente al totale blocco produttivo, per non perdere tutte le commesse aperte, gli imprenditori locali, tentarono la via di assunzioni di mano d’opera esterna, con incentivi in denaro.
Fu così che giunsero in valle Cervo scalpellini dal Lago d’Orta, dal Lago Maggiore, dalla Toscana e dal Varesotto. Comunque, prima ancora di poter impugnare gli attrezzi di lavora, molti di essi vennero “consigliati” di non intraprendere azioni che sarebbero state ritenute antisindacali, e tornarono velocemente ai paesi d’origine. Altri invece, che il Sig. Valz Blin definisce “Crumiri”, ma che occorrerebbe più dignitosamente identificare in liberi lavoratori (alcuni erano profughi che giungevano addirittura dalla Turchia) riuscirono a lavorare e a portare a termine alcune delle commesse su indicate, solo perché scortati e protetti giorno e notte da militari e Carabinieri inviati dal sottoprefetto Conte Carandini.

Dopo lungo tira e molla, dove la poco fruttuosa intransigenza della Confederazione Industriali di Torino, si opponeva alla fermissima volontà sindacale di non rinunciare a nulla, si giunse soltanto ad una parziale riformulazione dell’articolo 2. Per il concordato di Balma si verbalizzo : “Per le lavorazioni di Balma e Oropa gli industriali si impegnano di servirsi di mano d’opera organizzata nella Federazione Nazionale Edilizia”, mentre per Rosazza e Biella si sottoscrisse il seguente testo : “Per tutte le altre località del Biellese gli industriali scalpellini si impegnano di servirsi normalmente di mano d’opera organizzata nella Federazione Nazionale Edilizia”

Una targa pubblicitaria del Sindacato Subalpino (in Balma) del periodo

Gentile concessione del Sig. Massimo Brunello

Non vi furono - incredibile a dirsi - problemi invece per quanto riguardava i trattamenti salariali. Del resto le tariffe pagate agli scalpellini Biellesi, erano già tra le più alte d’Italia, confermando la matrice puramente politica ed ideologica della vertenza.
Ad esempio per le cave di Oropa, non si richiesero neppure aumenti; per Balma si riconobbe un aumento del 5% in tre anni, a Rosazza del 6% in due anni. Biella ebbe un aumento del 5% in soluzione unica alla firma del contratto.
Allora come oggi infatti, le organizzazioni sindacali avevano a cuore non tanto il benessere dei lavoratori o lo sviluppo sociale del territorio, quanto la protezione dei privilegi e del prestigio dell’organizzazione e dei soli associati e/o iscritti.
Comunque sia nella mattinata di martedì 4 marzo 1913 si diffuse in tutto il Biellese la notizia della “vittoria” operaia. Nel pomeriggio in Biella si svolse un corteo per la via maestra della città, mentre sul “Corriere Biellese” si poteva leggere un titolo a piena pagina della clamorosa vittoria operaia, commentando il nuovo articolo 2 !
Veniva inoltre pubblicato un ironico necrologio dal seguente testo : “Il giorno 3 marzo 1913 decedeva a Biella, dopo otto mesi di straziante agonia, nel palazzo della sottoprefettura, confortala e assistita dalla Confederazione Industriali di Torino, la signora LIBERTA’ INDIVIDUALE. Ne danno il triste annuncio… ecc. ecc.” insomma, dopo la conferma di un sopruso, si aveva anche la sfrontatezza del dileggio in pubblico !

Questo fatto irritò non poco la Confederazione Industriale, tanto che la Lega Biellese Arti Edili, che ancora non aveva firmato il contratto (pur avendo già delegato suoi rappresentanti a farlo), fecero sapere che non lo avrebbero più sottoscritto !
Chiaramente eravamo ormai ad un grottesco ed inutile puntare i piedi. Ci furono infatti ancora alcuni tentativi di apportare modifiche al “benedetto” articolo 2, ma di fatto non cambiò nulla, sen non la marginale cavillosa precisazione : “Il verbo servirsi, equivale ad assumere in servizio (…)” ed altre banalità simili.
In sostanza, gli industriali “ribelli” non avevano fatto altre che fornire ulteriori occasioni ai giornali locali - quasi tutti di parte e politicamente schierati - per essere ancora pesantemente criticati. Si parlò di “sleale ritirata degli industriali”. L’accordo definitivo fu quindi siglato il 15 aprile 1913 dopo ben 274 giorni consecutivi di sciopero. Come abbiamo anticipato nella premessa, il più lungo d’Italia da sempre, supportato dalle numerose testate giornalistiche - non solo locali - al “servizio” della Confederazione del Lavoro e del Partito Socialista.
Corriere Biellese”, “Avanti”, “l’Edilizia”, “Il Nuovo Ideale” di Varese, “Il Lavoratore” di Novara, “L’Aurora” di Pallanza, “l’Operario” di Berna in Svizzera, e quotidiani nazionali di grossa tiratura insospettabilmente schierati pure loro, come “La Stampa” e la “Gazzetta del Popolo” di Torino e il “Secolo” di Milano. La controparte, che poteva contare sull’appoggio esiguo de “Il Biellese” Cattolico e del Liberale “Gazzetta di Biella”, difesero il principio del diritto al lavoro ed al libero arbitrio dei lavoratori contro le intimidazioni ed i blocchi, anche con l’ausilio della forza pubblica.
Chiaramente furono oscurati e strumentalizzati, così come succede oggi quando si levano voci “fuori dal coro”.

Terminata questa fase non certo esaltante, si provvide ad iniziarne un’altra ancora meno dignitosa, fatta di vendette, e di rivalse, …quando non di violenze.
Il sindacato infatti mise subitamente in opera un ferreo controllo alle richieste di adesione alla Lega, da parte di tutti quei lavoratori valligiani che non avevano partecipato all’agitazione o che erano stati espulsi dalla Lega stessa per atteggiamenti divergenti dal pensiero che si pretendeva unico e dovuto. Ad alcuni di questi, vennero comminate ammende di 100 lire anche, per vedere accolta la sola domanda ed essere riammessi.
Del resto, come sentenziava il draconiano articolo 2, …o si era iscritti, o non si lavorava !
Per altri lavoratori, davanti all’ostracismo più vigliacco e vergognoso, commesso sulla pelle di chi chiedeva solo di poter lavorare, non rimase altro da fare - per poter mantenere la famiglia - che prendere la via dell’esilio verso altri lidi.
Obiettivamente, c’è da chiedersi seriamente se questo “articolo 2” non sia stato per la nostra valle, l’inizio del declino e di quella agonia nella quale ancora oggi ci dibattiamo.

Conclusioni e riflessioni personali

Lo sciopero degli scalpellini del 1912-13
Conclusioni e riflessioni personali

Noi da questo Blog, abbiamo voluto rendere pubblico sull’argomento, anche il pensiero di coloro che allora, ed in tutti questi anni, non hanno mai potuto dire la loro.
Pena l’essere messi alla berlina !
Oggi più che mai, dopo quasi 100 anni dai questi fatti, in cui la storia “ufficiale” - venendo a mancare i testimoni - viene romanzata, riteniamo quanto scritto importantissimo per potersi fare un’idea partendo da punti di vista diversi, in un quadro degli avvenimenti, che non può essere scisso da quello generale d’Italia.

Per concludere, desideriamo tornare ad elencare nuovamente i punti che avevamo già evidenziato in apertura per proporre alcune considerazioni finali :

1) amministrazioni comunali guidate o condizionate da ricchi borghesi estranei al proletariato

E’ sufficiente un fine settimana in Valle Cervo, per rendersi conto, che la maggior parte delle infrastrutture ed altre opere di pubblica utilità che ancora oggi sono utilizzate da tutti nella quotidianità locale sono state costruite da poche e benestanti famiglie borghesi, proprio con il pensiero di servire l’utilità pubblica e la classe più numerosa. Strade, ponti, scuole, chiese, luoghi di incontro, lavatoi, fontane mercati coperti, teatri ed interi villaggi di case, possono essere osservate ovunque, sono la migliore risposta a questa “curiosa” affermazione.

2) sviluppo in valle di organizzazioni socialiste autonome ed originali

Abbiamo evidenziato durante la premessa, che ciò che succedeva in Valle in quel periodo, di originale non aveva nulla, e che fu semplicemente, la conseguenza e lo sviluppo locale di ciò che avveniva nel resto del nostro Paese.

3) i sentimenti democratici e la maturità politica dei rappresentati locali socialisti

Riteniamo che l’articolo 2 locale, possa essere considerato sicuramente “prototipo” in Italia della pretesa antidemocratica della necessità d’essere iscritti al Partito Nazionale Fascista durante il “ventennio”, altro che sentimenti democratici !

4) il grande rigore ideologico di costoro

Vero, su questo punto concordiamo. Costoro, ebbero un grande rigore ideologico, che li rendeva ciechi sul piano etico e morale, arrivando a privare le persone delle più elementari libertà individuali per accrescere il prestigio del Partito di appartenenza.

5) le azioni di sensibilizzazione e proselitismo nei confronti dei residenti

Parlano da se in fatti. L’obbligatorietà dell’iscrizione, le multe e le ammende pecuniarie quando non l’esilio per coloro che pensavano differentemente.

6) l’intransigenza e l’egoismo patronale alla difesa dei loro privilegi consolidati

Questo punto, potrebbe apparire una beffa, dopo il danno. Più che industriali intransigenti, parlerei di un gregge condotto al pascolo dal sindacato, che gestiva la totalità della mano d’opera utilizzabile e quindi i tempi di lavoro, le modalità e i costi.

martedì 3 novembre 2009

Difficoltà Comunali : botta e risposta !

Difficoltà Comunali - responsabilità e finanziamenti
Amministratori e cittadini, due linee di pensiero che non si incontrano mai

In riferimento all’articolo apparso mercoledì 28 ottobre 2009 su Nuova Provincia di Biella, circa le difficoltà del Comune di Quittengo, e la precisazione del Sig. Adami pubblicata nell’edizione di sabato 31, desidererei come residente a tempo pieno in questa piccola realtà, poter scrivere alcune considerazioni.
Intanto non è vero, che i villeggianti non residenti sono più burrascosi come afferma il Sindaco Machetti.
È vero forse il contrario. A forza di protestare però, non facciamo più notizia. Insomma siamo diventati un sottofondo, un brusio al pari del gorgogliare dell’acqua che scorre nel Torrente Cervo.
Anche noi come coloro che abitano a Biella, prima o poi vorremmo essere considerati “cittadini” a tutti gli affetti.
Nonostante ciò, il nostro Sig. Sindaco, ci disillude sempre, e ci ricorda alla noia che molte delle nostre lamentale poi, non sono di competenza del Comune di Quittengo, oppure quando esse lo sono, …che il Comune è sprovvisto dei necessari fondi per porvi rimedio. E giù quindi a piangere e a disperarsi, che senza più le entrate dovute all’ICI, il Comune è impossibilitato anche a ramazzare le cicce in piazza e via dicendo.
Noi residenti, siamo persone pratiche, che sopportano i disagi del luogo, ed anche i malfunzionamenti dei servizi… tutti i servizi, ma quello che non possiamo tacere e che si sia presi in giro.
Ora, senza voler entrare nel merito dell’argomento del “botta e risposta” di questi giorni, il Sig. Sindaco Machetti, che tutti noi stimiamo, non può ad ogni nostra richiesta replicare alla bisogna con uno dei due scontatissimi cliché sopra riportati. Le non competenze, e/o la mancanza di soldi, non sono una risposta, o meglio non lo sono più, quando sono applicate su ogni argomento ed in ogni occasione, come fossero due misteri gloriosi di un nuovo credo religioso.
Dall’amministrazione di Quittengo, i cittadini chiedono fatti concreti, e non la verbalizzazione del fatalismo.
Anche quando le competenze assolvono il Comune dall’agire, il cittadino si aspetta che questo si faccia portavoce in sua vece. Mi riferisco ai disservizi dovuti ad Enti assai poco “presenti” sul nostro territorio, quali la Provincia, il Cordar, l’Enel, la Telecom… e staremo a vedere a breve, cosa succederà con la Rai e la meraviglia del digitale terrestre.
Io capisco perfettamente il “gioco” delle responsabilità o dello scaricabarile - dipende dai punti vista - ma il cittadino oggi, si aspetta che la giunta che ha eletto, si prenda a cuore i problemi della cittadinanza stessa, intervenendo ogni qual volta sia necessario, facendo pressioni, dando una voce autorevole al problema denunciato, contattando gli Uffici interessati per accelerare le pratiche, i lavori e la risoluzione definitiva delle emergenze, dandone evidenza certa !
Strade e ponti dissestati e senza parapetti, cartellonistica stradale carente o semi avvolta dalla vegetazione, piante e quant’altro a rischio di cadere in strada alle prime gocce di pioggia, fermate dei bus senza protezioni e confort, mancanza di cabine telefoniche nelle frazioni più isolate e non raggiunte da nessun segnale cellulare, acqua potabile mancante più volte l’anno, telefoni a singhiozzo e nessun dissuasore di velocità nei tratti più pericolosi della provinciale SP.100 (come nei centri “abitati”) sono una “normalità vergognosa” che non si può liquidare da anni con “…non sono di nostra competenza !”, perché sono comunque di competenza di coloro che sono stati eletti dai cittadini per rappresentare una comunità. Una comunità, diciamolo molto francamente, …bistrattata dalle Istituzioni e dagli Enti competenti.
Sono diventate famose le azioni …anche di forza e se vogliamo “cinematografiche” del Sindaco Bonanno di Varallo. Non è forse vero che queste azioni, sono indubbiamente servite alla fortunata cittadinanza di quel Comune ?
Ma veniamo ai soldi…
Non c’è comune in Itala che non abbia a protestare per la carenza dei fondi. Anche a Quittengo ? Certamente. Quando in famiglia i soldi sono pochi però, si usa spenderli dove servono ! Ora senza voler puntare il dito su un caso specifico, ci limiteremo a fare una logica riflessione : Il Comune, per la stessa ammissione del Sig. Sindaco, si trova in difficoltà, in quanto è nel bel mezzo di un trasloco della sede comunale. Cioè, volendo essere più precisi, l’edificio che ospitava gli uffici del Comune sono stati ampiamente ristrutturati ed ora si sta ultimando la sistemazione interna degli uffici stessi, dopo aver speso una cifra che supponiamo importante. Soprattutto per le esigue risorse del Comune stesso. I lavori non si potevano rimandare, certo, ma… c’è un ma…
Mettendo da parte la stupidità di un orgoglio ormai fuori dal tempo, quanti bei soldini si potevano risparmiare accorpando tra loro i vari Comuni della Valle Cervo, centralizzando in un’unica sede, i servizi, le spese fisse, le spese di manutenzione e riscaldamento di un solo edificio, così come le spese del personale di queste inutili ed ormai impotenti micro amministrazioni ?
Quanti bei soldini poi si potevano ricevere in cassa per un cospicuo numero di anni, conseguenza dei benefici previsti dalla legge, per quei Comuni che si uniscono tra loro in fusione ?
Sono ipotesi di spesa e di maggiori ricavi che più volte abbiamo chiesto vengano seriamente calcolati e divulgati per poter avere parametri oggettivi con i quali orientarsi e decidere.
Dopo anni invece, queste importanti decisioni, ancora si rimandano a venire sulla base di dubbi soggettivi di un ristretto numero di persone che, per antico retaggio storico, non sono in grado di concepire un cambiamento, il solo logico cambiamento che la cittadinanza residente e non residente, si aspetta per poter sperare di veder risolti alcuni dei problemi che fanno ormai parte dell’arredo urbano di questo territorio.
Concludo, …da giugno 2009 in avanti, con la “nuova” giunta eletta, abbiamo semplicemente continuato a rantolare come fatto in passato nel buio e nel silenzio. Nulla è cambiato non solo nel ritmo, ma anche soltanto nelle idee.
Spero di non offendere nessuno, ma la difesa ad oltranza della nostra miserevole trincea non ci porterà a vincere nessuna battaglia, è una certezza. Occorre cambiare tattica, occorre cambiare aria !