lunedì 30 luglio 2012

Sono tornati


Sono tornati

Da un paio d’anni, non si erano più avvicinati tanto. A causa dei lavori di “messa in sicurezza” dell’abitato di Balma infatti, i cervi, forse spaventati o forse semplicemente impossibilitati dalle reti metalliche, non si erano più visto brucare l’erba del prato tra le abitazioni posto alle spalle della nostra fontana. Devono aver trovato una nuova via, e così, martedì 25 luglio, verso le ore 07.00, mentre facevo colazione per recarmi al lavoro, ho visto dalla finestra della cucina, sfilare davanti una grossa ombra… incredulo ho guardato fuori, e ho visto un cervo. Un altro quasi invisibile si muoveva dentro al fogliame degli alberi. Ho recuperato in fretta la macchina fotografica, ho apertp silenziosamente la finestra e sono riuscito a fare due scatti, prima che si inoltrassero nel fitto del bosco.


Questo fatto è eccezionale in quanto precedentemente questi animali, si avvicinavano tanto, soltanto di notte e in stagioni in cui solo i prati attorno alle abitazioni avevano qualche cespuglio di erba fresca… durante il freddo inverno insomma.


Ciò vuol dire che nonostante la presenza degli abitanti, la provinciale con lo scorrere delle auto e gli ostacoli delle reti di protezione, questi animali si trovano bene nella nostra frazione.
Al prossimo avvistamento dunque!   

lunedì 16 luglio 2012

La fusione dei Comuni


Programma, punto per punto : La fusione dei Comuni

Desidero sviluppare l’argomento introdotto con la mia precedente lettera esposizione in data 15 marzo 2011 “Impegno prossimoventuro”, in cui dichiaravo di volermi candidare alla carica di Sindaco per le prossime elezioni Comunali di Quittengo, illustrando i punti guida di quello che sarà il mio proposito o programma per il mandato quinquennale, nel caso dovessi essere eletto.

La priorità assoluta alla quale ogni nostro sforzo dovrà tendere, è la fusione del nostro Comune con un altro o con una serie di altri. Ciò, sarà naturalmente all’ipotesi (non più remota ormai) che i Comuni siamo accorpati d’ufficio, con un bel Decreto del Governo, vanificando incentivi economici oggi ancora disponibili e annullando la non trascurabile idea d’avere una partecipazione popolare alla base del progetto.   


Ma cos’è la fusione di Comuni?
La fusione dei Comuni, rappresenta un efficace strumento di razionalizzazione del territorio, dei servizi e delle funzioni svolte dai Comuni, da cui trarre un incremento dell'offerta sia qualitativa che quantitativa dei servizi di cui i cittadini possono beneficiare, a fronte di un risparmio dei costi burocratici legati al funzionamento degli Enti stessi.
A tal proposito, diffidiamo di chi, parlando di “servizi in comune”, intende salvaguardare il proprio prestigio personale a spese della comunità. Costui, ha ben compreso infatti i vantaggi della “fusione”, ma egoisticamente intende mantenere lo status quo degli incarichi amministrativi suddivisi.

Perché serve la fusione dei Comuni?
Per offrire al cittadino l’opportunità di dare un salutare scossone alle strutture “antiche” di questa repubblica, che ormai non hanno più la possibilità di migliorarsi, ma, tutt’al più, possono mantenersi come sono, con sacrificio dei cittadini.

Candidandomi, mi pongo quindi il compito non facile di informare i cittadini, per renderli soprattutto consapevoli dell’opportunità che gli si offre con questo processo di riordino territoriale.
Solo con la consapevolezza di potere partecipare a decisioni importanti, potremo sperare di tornare a pensare al miglioramento della qualità della vita nelle frazioni.

L’idea futura della partecipazione della cittadinanza in un grosso Comune, stride con la realtà attuale (dei piccoli Comuni) in cui coesistono un gran numero di poteri locali che hanno un dialogo reciproco troppo influenzato da rivalità di campanile quando non addirittura da rapporti interpersonali tediati da situazioni private tra amministratori.
Questo rende evidente come, per funzionare correttamente, i meccanismi dei poteri e dei servizi locali, devono disporre di un numero sufficiente di cittadini. Ciò è chiaramente impedito all’origine nei piccoli comuni come il nostro.
Noi infatti, non abbiamo oggi, la possibilità di scegliere liberamente sulla base di un’offerta, perché non abbiamo semplicemente diverse opzioni di offerta.
Nel caso servisse, come nel nostro caso, promuovere un’alternativa all’attuale amministrazione, il numero esiguo degli abitanti di Quittengo, così come di troppi altri Comuni, impedisce o rende difficile un processo di gestione democratica dei poteri e dei servizi locali alternativo a quelli in carica. Si crea insomma un circuito vizioso, in cui scadenti amministrazioni restano in carica anni e anni per mancanza di possibili ricambi.
Comuni più grossi, forti e finanziariamente autonomi invece, offrono queste possibilità, e sono sicuramente in grado di sostenere e coordinare meglio progetti di rilancio del territorio e di migliorare o aumentare i servizi esistenti per la propria cittadinanza.

Se pensiamo con senso del dovere alle recenti misure legislative che impongono ai Comuni nuove aggravate competenze ed oneri finanziari che presuppongono l’esistenza di comunità locali organizzate almeno dal profilo amministrativo e discretamente capaci dal lato finanziario, non possiamo restare inermi tirando a campare.
Noi abbiamo in primis, il dovere di guardare al nostro territorio, ma siamo anche responsabili che, gli aiuti (finanziamenti) dello Stato e delle Province non siano sperperati o male utilizzati, perché disperdendone le forze, vengano dequalificati o resi inutili come succede oggi, dove ingenti somme di denaro pubblico (cioè nostro) finisce per l’essere suddiviso in mille piccoli rivoli di nessuna utilità e ricaduta pratica reale.

Urge quindi lavorare per ridare ai Comuni una dimensione tale che valorizzi la sua autonomia, riavvicinando il cittadino alle istituzioni.
Questo è un obiettivo ambizioso, ben più ambizioso di quello proposto da anni in Valle Cervo e mai realizzato per la miopia delle Amministrazioni locali, vittime del campanilismo.
I tempi cambiano, sono cambiati e cambiano ancora, così velocemente, che quel progetto appare ormai superato dagli eventi. Un Comune di 700 abitanti infatti, avrebbe pressappoco, le stesse capacità propositive e finanziarie di un Comune di 250 abitanti come il nostro d’oggi. Questo era un progetto valido vent’anni fa, ma noi oggi, non siamo chiamati a ratificare un progetto passato, ma a proporre una soluzione valida per i prossimi vent’anni. Occorrerà quindi cercare di utilizzare (per quanto ci lasceranno ancora fare a livello centrale) la legge sulle “fusioni”, per giungere ad unirci con vantaggio reciproco con un Comune con un grado di autonomia superiore al nostro e maggiormente performante tra quelli che confinano con il Comune nostro.
Nulla quindi sarà lasciato intentato per giungere a questo risultato, restando personalmente favorevole a qualsiasi soluzione “guardi a valle”.

Qualcuno, si chiederà, …ma invece di decentralizzare lo Stato vogliamo promuovere l’abolizione degli Enti locali?
Assolutamente sbagliato, è vero proprio il contrario! Uno Stato moderno ha bisogno di Comuni solidi sia sotto il profilo finanziario, che sotto il politico e gestionale. Solo così i Comuni potranno avere voce in capitolo nella vita politica e amministrativa del Paese.

Il vero processo involutivo è stato compiuto agli inizi degli anni ’70, quando con l’introduzione dell’ordinamento territoriale in Regioni, venne soppresso il Regio Decreto che sanciva il «Testo unico per la finanza locale». Praticamente, si sciolse l’ordinamento territoriale ed amministrativo Sabaudo, basato sulla centralità del controllo (il Governo del Paese) e il decentramento amministrativo (gestione pratica di Province e Comuni). Sono passati 40 anni, e “gli errori vengono al pettine”, per restare al passo con i tempi occorre tornare al più presto al punto di partenza.

Oggi tutto è mutato: le basi economiche territoriali, i rapporti con la gente, l’immagine stessa dello Stato. Deve quindi cambiare anche il Comune!
Una società che non accetta il mutamento è una società senza futuro, così come, un’amministrazione che non riesca a valutare obiettivamente il beneficio dovuto ad un cambiamento, è un danno per la società e il territorio che crede di gestire. E noi in questi ultimi vent’anni, siamo testimoni evidenti di questo degrado.

Ma, qualcun altro si chiederà ancora, …le nostre tradizioni e la nostra storia locale, cadranno nell'oblio?
Assolutamente no, perché anche gestire le eredità del passato è più facile quando l’Ente preposto, ha la forza culturale ed economica per farlo. Gestire l’eredità del passato infatti, non significa conservarla tale e quale era un tempo. Significa invece salvaguardarne lo spirito, valorizzandone gli aspetti positivi per adeguarla ai tempi che viviamo.
La storia risulta utile quando ci serve da esempio pratico per attuare un progetto per un futuro migliore. Se la storia e le esperienze passate diventano uno strumento per storicizzare il presente, non servono a nulla, anzi diventano di ostacolo al futuro!
Anche in questo caso quindi, un maggior numero di cittadini, idee e risorse, risulterà vantaggioso a preservare le importanti testimonianze storiche e le peculiarità della tradizione locale del nostro territorio.

Chiudo questo primo capitolo sperando che le argomentazioni che ho esposto siano valide per avviare un dialogo costruttivo tra noi, ma soprattutto, abbiano fugato alcuni dubbi, o abbiano stimolato anche, nuovi e più interessanti interrogativi.

Alla prossima esposizione…
Alberto Conterio

giovedì 12 luglio 2012

Le delizie della Valle


Ho provveduto oggi ad inviare al giornale locale "il Biellese" la seguente lettera, un urlo più che altro di disperazione...

Le delizie della Valle

Con la stagione estiva arriva anche la possibilità (tempo permettendo) di fare qualche passeggiata serale dopo cena. L’aria fresca permette di ritempransi dalla calura della pianura, sofferta durante le ore lavorative. È il momento migliore per assaporare il vantaggio di abitare in Valle Cervo, ma anche l’occasione per verificare il continuo degrado che abbiamo sotto agli occhi in Frazione.
Il cortese interessamento del Comune nostro, sarebbe il benvenuto, ma in dieci anni di residenza, mai e ripeto MAI, abbiamo avuto questo onore.
Per farla breve, nonostante l’assiduo impegno di noi residenti, in lavori di pulizia durante i fine settimana, l’area adibita al deposito differenziato dei rifiuti, continua ad essere uno scempio difficilmente immaginabile. Sarebbe forse il caso di emettere un’ordinanza per avvisare, con qualche cartello “UFFICIALE”, i Sig.ri maleducati, …tutti provenienti dall’alta valle, che i rifiuti vanno deposti DENTRO i contenitori dei rifiuti, e che, se tali contenitori sono pieni, NON vanno riposti in terra, ma trasportati altrove. La Frazione di Balma, che appartiene al Comune di Quittengo non è la pattumiera di quest’ultimo, ma la residenza di cittadini uguali agli altri.
Terminato di scrivere dell’immondizia desideriamo fare una panoramica generale delle “delizie” offerte dal luogo, dovute unicamente alla premurosa attenzione dell’Amministrazione nostra :
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-          Muretti sulla provinciale divelti o in procinto di crollare in basso, avendo ormai raggiunto inclinazioni che mettono in crisi l’equilibrio statico dei manufatti (vedere davanti alla Farmacia)
-          Fermata dell’Autobus (in prossimità dell’Ufficio Postale) divelta e in procinto di crollo definitivo con pericolo per i passanti e degli stessi automobilisti che vi transitano vicino
-          Vegetazione (nei terreni comunali) a stento contenuta dai residenti con tagli annuali di erba (a loro spese) e taglio di alberi ed arbusti in autunno
-          Canalette di scolo sulla provinciale SP.100 ricolme di ogni detrito possibile su cui ormai cresce l’erba copiosa, che la Provincia (sembra una barzelletta) invece di eliminare vuotandole dei depositi formatisi in anni ed anni di incuria, provvede ormai da qualche stagione a tagliare come fosse un “prato inglese”
-          Piazzetta posta davanti all’ex emporio-bar-panetteria, ridotta ad un insieme informe di rattoppi uno sull’altro (non poteva il Comune accordarsi con la Provincia per far combaciare l’asfaltatura della carreggiata stradale con il ripristino della sua pavimentazione?)
-          Elevate velocità sulla provinciale già citata che attraversa l’abitato in una pericolosissima strettoia : ma siamo sicuri che non si possa fare qualche cosa ? Quando succederà una disgrazia (speriamo il contrario) potremmo ancora guardarci allo specchio?

Ciò non è uno sfogo di rabbia, ma un richiamo, l’ennesimo, a conferma che in passato non ero stato avventato, denunciando già, la completa mancanza di attenzione (anche minima) di un’amministrazione assente ed incolore. Anche quando chiamata a dare una risposta scritta, su importanti lavori (inutili o mal eseguiti) sulla sicurezza stessa dell’abitato, costoro hanno fatto “orecchio da mercante”, e sono passati più di 18 mesi!

Non mi sento a disagio quindi per aver affidato a Voi della stampa locale questa mia, …semmai mi sono sentito una volta di più preso in giro qualche settimana fa, quando mi sono ritrovato in fila all’Ufficio Postale per pagare la prima rata dell’IMU… allora ho compreso di essere uguale agli altri cittadini: nel versare denaro!  Ecco perché mi sono sentito in DOVERE di scrivervi.

Alberto Conterio

mercoledì 4 luglio 2012

Al parco Zoologico

Ricordi di bambino
Al parco Zoologico

Resterà sempre nella mia memoria di bambino le molte visite compiute al Parco Michelotti di Torino con il Nonno Guido, sede del Giardino Zoologico della città, allora rinomato e visitatissimo in ogni periodo dell’anno, poi chiuso quale una vergogna dalle giunte di sinistra che in alcuni lustri dalla metà degli anni ’70 in poi, hanno ridotto Torino ad un casermone dormitorio di stampo sovietico.
Lo Zoo dicevamo; era un appuntamento fisso, che si ripeteva più volte durante la bella stagione. Anche in questo caso, difficilmente si adoperava l’auto per raggiungere la meta. Il Tram, era efficientissimo nonostante una velocità d’altri tempi, ed il Nonno conosceva a menadito ogni linea, ed anche ogni singola fermata.
Scesi alla fermata posta davanti all’ingresso, non restava che attraversare l’ampio spazio che separava le biglietterie dalla fermata stessa, per ritrovarsi in breve “dentro” ad un racconto di Giglio Verne, ai margini di una foresta equatoriale da dove provenivano strani suoni e versi di strani animali.


Mentre il Nonno si adoperava per l’acquisto dei biglietti necessari, correvo verso l’entrata per sbirciare il prima possibile una delle meraviglie della natura e dello stesso parco Zoologico, un ampio stagno che ospitava tra veri canneti ed altri arbusti, uno stormo di fenicotteri rosa. Lasciava a bocca aperta, non tanto per l’eleganza di questi uccelli o per la loro mole (al tempo risultavano ben più altri del bimbetto che ero) ma per il candore del loro colore rosa appunto, accesissimo!
Entrati nel parco, ricordo ancora che dando le spalle all’entrata, verso destra era ubicato il rettilario, mentre verso sinistra, si potevano ammirare gli animali più grossi ed entusiasmanti. Soffermandosi qualche minuto ad ammirare da vicino i fenicotteri, si abbozzava un rapido “piano d’azione”, perché con il nonno, non si andava mai allo Zoo per visitare tutto, ma si preferiva fare più visite – brevi – per visitare questa o quella parte dell’area zoologica alla ricerca di stranezze e curiosità.
Con questo spirito quindi, si cercava di giungere in visita nell’ora in cui il servizio di sorveglianza era indaffarato a dare da mangiare agli animali ad esempio, oppure si visitava le parti coperte (rettilario o esposizione di farfalle ed insetti) quando il tempo piovoso, non permetteva di stare all’aperto. Insomma il Nonno sapeva il fatto suo sul tema. Il divertimento era assicurato!
Ricordo benissimo ad esempio il pasto dei leoni o delle tigri, perché era davvero impressionante vedere quali blocchi di carne erano distribuiti e quanto velocemente erano mangiati da questi grossi felini.
Un altro animale spesso ammirato erano le giraffe, che curvando il loro lungo collo, sembrava uscissero dai recinti per mangiarsi dall’alto, le carote o altro cibo consentito alla distribuzione dai visitatori.
Veramente vivaci e schiamazzanti le scimmie scimpanzé, un grosso gruppo socialmente organizzato, semi-libero all’interno di una grossa area depressa a cielo scoperto. Era possibile individuare gruppetti dediti alla spidocchiatura reciproca, al gioco, al combattimento talvolta, tra urla e versi incredibili, come un gruppo di insolenti ragazzini in piazza.
Altro appuntamento a cui non si rinunciava mai, era l’area occupata dagli orsi polari. Difficilmente questi grossi predatori si mostravano “attivi”, forse dovuto alle temperature elevate di una stagione a loro sconosciuta, ma talvolta, era possibile vederli saltare in piscina e nuotare con un’agilità insospettata.
Per loro il pasto prevedeva un numero imprecisato di secchi ricolmi di pesci di grossa taglia, per i quali erano disposti anche un tuffo fuori programma. Degli animali straordinariamente grossi gli orsi polari. Davvero!

Dovendo ricordare il rettilario, era estenuante sostare davanti alla grossa vasca attorniata di lussureggiante vegetazione tropicale ospitante il coccodrillo sperando in un suo movimento. Dubito ancora oggi che si sia mai mosso, ma il Nonno era abile a tenerci in attenzione indicandoci ogni minimo movimento “presunto” del grosso rettile. Era straordinario quando (è successo rare volte) le palpebre di questo o quell’occhio si chiudevano lentamente per poi riaprirsi. Torno a dire che il coccodrillo fosse di cera, ma resta il fatto che ci divertivamo un mondo ad osservarlo.

Quando la stanchezza sembrava volerci afferrare, il Nonno era sempre disponibile ad un gelato, una bibita o ad una delle altre ghiottonerie disponibili al chiosco. La strada di casa, era l’occasione per raccogliere e ordinare le impressioni avute durante la visita, per poterle raccontare a casa con il dovuto ordine alla Mamma. 

Non ho mai pensato allo Zoo di Torino come ad un campo di costrizione per animali, …al contrario, l’area dello Zoo, era splendidamente curata, con vegetazioni opportune e caratteristiche, fiori ed arredi ricercati. Gli animali erano in buona salute e coccolati da inservienti e visitatori. Anni dopo, ci vollero far credere che questa attrazione era una vergogna per la città ed il parco fu chiuso. Da allora i bambini di Torino guardarono gli animali sui libri… ora su internet, ma poterli osservare dal vivo, con i suoni ed anche gli odori caratteristici pur se in cattività, ritengo fosse tutta un’altra cosa. Un vero peccato, ma anche un ricordo il mio, raro e di inestimabile valore.

Alberto Conterio