Ricordi di bambino
Al parco Zoologico
Resterà sempre nella mia memoria di bambino le molte visite
compiute al Parco Michelotti di Torino con il Nonno Guido, sede del Giardino
Zoologico della città, allora rinomato e visitatissimo in ogni periodo
dell’anno, poi chiuso quale una vergogna dalle giunte di sinistra che in alcuni
lustri dalla metà degli anni ’70 in poi, hanno ridotto Torino ad un casermone
dormitorio di stampo sovietico.
Lo Zoo dicevamo; era un appuntamento fisso, che si ripeteva
più volte durante la bella stagione. Anche in questo caso, difficilmente si
adoperava l’auto per raggiungere la meta. Il Tram, era efficientissimo
nonostante una velocità d’altri tempi, ed il Nonno conosceva a menadito ogni
linea, ed anche ogni singola fermata.
Scesi alla fermata posta davanti all’ingresso, non restava
che attraversare l’ampio spazio che separava le biglietterie dalla fermata
stessa, per ritrovarsi in breve “dentro” ad un racconto di Giglio Verne, ai
margini di una foresta equatoriale da dove provenivano strani suoni e versi di
strani animali.
Mentre il Nonno si adoperava per l’acquisto dei biglietti necessari, correvo verso l’entrata per sbirciare il prima possibile una delle meraviglie della natura e dello stesso parco Zoologico, un ampio stagno che ospitava tra veri canneti ed altri arbusti, uno stormo di fenicotteri rosa. Lasciava a bocca aperta, non tanto per l’eleganza di questi uccelli o per la loro mole (al tempo risultavano ben più altri del bimbetto che ero) ma per il candore del loro colore rosa appunto, accesissimo!
Mentre il Nonno si adoperava per l’acquisto dei biglietti necessari, correvo verso l’entrata per sbirciare il prima possibile una delle meraviglie della natura e dello stesso parco Zoologico, un ampio stagno che ospitava tra veri canneti ed altri arbusti, uno stormo di fenicotteri rosa. Lasciava a bocca aperta, non tanto per l’eleganza di questi uccelli o per la loro mole (al tempo risultavano ben più altri del bimbetto che ero) ma per il candore del loro colore rosa appunto, accesissimo!
Entrati nel parco, ricordo ancora che dando le spalle
all’entrata, verso destra era ubicato il rettilario, mentre verso sinistra, si
potevano ammirare gli animali più grossi ed entusiasmanti. Soffermandosi
qualche minuto ad ammirare da vicino i fenicotteri, si abbozzava un rapido
“piano d’azione”, perché con il nonno, non si andava mai allo Zoo per visitare
tutto, ma si preferiva fare più visite – brevi – per visitare questa o quella
parte dell’area zoologica alla ricerca di stranezze e curiosità.
Con questo spirito quindi, si cercava di giungere in visita
nell’ora in cui il servizio di sorveglianza era indaffarato a dare da mangiare
agli animali ad esempio, oppure si visitava le parti coperte (rettilario o
esposizione di farfalle ed insetti) quando il tempo piovoso, non permetteva di
stare all’aperto. Insomma il Nonno sapeva il fatto suo sul tema. Il
divertimento era assicurato!
Ricordo benissimo ad esempio il pasto dei leoni o delle
tigri, perché era davvero impressionante vedere quali blocchi di carne erano
distribuiti e quanto velocemente erano mangiati da questi grossi felini.
Un altro animale spesso ammirato erano le giraffe, che
curvando il loro lungo collo, sembrava uscissero dai recinti per mangiarsi
dall’alto, le carote o altro cibo consentito alla distribuzione dai visitatori.
Veramente vivaci e schiamazzanti le scimmie scimpanzé, un
grosso gruppo socialmente organizzato, semi-libero all’interno di una grossa
area depressa a cielo scoperto. Era possibile individuare gruppetti dediti alla
spidocchiatura reciproca, al gioco, al combattimento talvolta, tra urla e versi
incredibili, come un gruppo di insolenti ragazzini in piazza.
Altro appuntamento a cui non si rinunciava mai, era l’area
occupata dagli orsi polari. Difficilmente questi grossi predatori si mostravano
“attivi”, forse dovuto alle temperature elevate di una stagione a loro
sconosciuta, ma talvolta, era possibile vederli saltare in piscina e nuotare
con un’agilità insospettata.
Per loro il pasto prevedeva un numero imprecisato di secchi
ricolmi di pesci di grossa taglia, per i quali erano disposti anche un tuffo
fuori programma. Degli animali straordinariamente grossi gli orsi polari.
Davvero!
Dovendo ricordare il rettilario, era estenuante sostare
davanti alla grossa vasca attorniata di lussureggiante vegetazione tropicale
ospitante il coccodrillo sperando in un suo movimento. Dubito ancora oggi che
si sia mai mosso, ma il Nonno era abile a tenerci in attenzione indicandoci
ogni minimo movimento “presunto” del grosso rettile. Era straordinario quando
(è successo rare volte) le palpebre di questo o quell’occhio si chiudevano
lentamente per poi riaprirsi. Torno a dire che il coccodrillo fosse di cera, ma
resta il fatto che ci divertivamo un mondo ad osservarlo.
Quando la stanchezza sembrava volerci afferrare, il Nonno
era sempre disponibile ad un gelato, una bibita o ad una delle altre
ghiottonerie disponibili al chiosco. La strada di casa, era l’occasione per
raccogliere e ordinare le impressioni avute durante la visita, per poterle
raccontare a casa con il dovuto ordine alla Mamma.
Non ho mai pensato allo Zoo di Torino come ad un campo di
costrizione per animali, …al contrario, l’area dello Zoo, era splendidamente
curata, con vegetazioni opportune e caratteristiche, fiori ed arredi ricercati.
Gli animali erano in buona salute e coccolati da inservienti e visitatori. Anni
dopo, ci vollero far credere che questa attrazione era una vergogna per la
città ed il parco fu chiuso. Da allora i bambini di Torino guardarono gli
animali sui libri… ora su internet, ma poterli osservare dal vivo, con i suoni
ed anche gli odori caratteristici pur se in cattività, ritengo fosse tutta
un’altra cosa. Un vero peccato, ma anche un ricordo il mio, raro e di
inestimabile valore.
Alberto Conterio
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