lunedì 16 luglio 2012

La fusione dei Comuni


Programma, punto per punto : La fusione dei Comuni

Desidero sviluppare l’argomento introdotto con la mia precedente lettera esposizione in data 15 marzo 2011 “Impegno prossimoventuro”, in cui dichiaravo di volermi candidare alla carica di Sindaco per le prossime elezioni Comunali di Quittengo, illustrando i punti guida di quello che sarà il mio proposito o programma per il mandato quinquennale, nel caso dovessi essere eletto.

La priorità assoluta alla quale ogni nostro sforzo dovrà tendere, è la fusione del nostro Comune con un altro o con una serie di altri. Ciò, sarà naturalmente all’ipotesi (non più remota ormai) che i Comuni siamo accorpati d’ufficio, con un bel Decreto del Governo, vanificando incentivi economici oggi ancora disponibili e annullando la non trascurabile idea d’avere una partecipazione popolare alla base del progetto.   


Ma cos’è la fusione di Comuni?
La fusione dei Comuni, rappresenta un efficace strumento di razionalizzazione del territorio, dei servizi e delle funzioni svolte dai Comuni, da cui trarre un incremento dell'offerta sia qualitativa che quantitativa dei servizi di cui i cittadini possono beneficiare, a fronte di un risparmio dei costi burocratici legati al funzionamento degli Enti stessi.
A tal proposito, diffidiamo di chi, parlando di “servizi in comune”, intende salvaguardare il proprio prestigio personale a spese della comunità. Costui, ha ben compreso infatti i vantaggi della “fusione”, ma egoisticamente intende mantenere lo status quo degli incarichi amministrativi suddivisi.

Perché serve la fusione dei Comuni?
Per offrire al cittadino l’opportunità di dare un salutare scossone alle strutture “antiche” di questa repubblica, che ormai non hanno più la possibilità di migliorarsi, ma, tutt’al più, possono mantenersi come sono, con sacrificio dei cittadini.

Candidandomi, mi pongo quindi il compito non facile di informare i cittadini, per renderli soprattutto consapevoli dell’opportunità che gli si offre con questo processo di riordino territoriale.
Solo con la consapevolezza di potere partecipare a decisioni importanti, potremo sperare di tornare a pensare al miglioramento della qualità della vita nelle frazioni.

L’idea futura della partecipazione della cittadinanza in un grosso Comune, stride con la realtà attuale (dei piccoli Comuni) in cui coesistono un gran numero di poteri locali che hanno un dialogo reciproco troppo influenzato da rivalità di campanile quando non addirittura da rapporti interpersonali tediati da situazioni private tra amministratori.
Questo rende evidente come, per funzionare correttamente, i meccanismi dei poteri e dei servizi locali, devono disporre di un numero sufficiente di cittadini. Ciò è chiaramente impedito all’origine nei piccoli comuni come il nostro.
Noi infatti, non abbiamo oggi, la possibilità di scegliere liberamente sulla base di un’offerta, perché non abbiamo semplicemente diverse opzioni di offerta.
Nel caso servisse, come nel nostro caso, promuovere un’alternativa all’attuale amministrazione, il numero esiguo degli abitanti di Quittengo, così come di troppi altri Comuni, impedisce o rende difficile un processo di gestione democratica dei poteri e dei servizi locali alternativo a quelli in carica. Si crea insomma un circuito vizioso, in cui scadenti amministrazioni restano in carica anni e anni per mancanza di possibili ricambi.
Comuni più grossi, forti e finanziariamente autonomi invece, offrono queste possibilità, e sono sicuramente in grado di sostenere e coordinare meglio progetti di rilancio del territorio e di migliorare o aumentare i servizi esistenti per la propria cittadinanza.

Se pensiamo con senso del dovere alle recenti misure legislative che impongono ai Comuni nuove aggravate competenze ed oneri finanziari che presuppongono l’esistenza di comunità locali organizzate almeno dal profilo amministrativo e discretamente capaci dal lato finanziario, non possiamo restare inermi tirando a campare.
Noi abbiamo in primis, il dovere di guardare al nostro territorio, ma siamo anche responsabili che, gli aiuti (finanziamenti) dello Stato e delle Province non siano sperperati o male utilizzati, perché disperdendone le forze, vengano dequalificati o resi inutili come succede oggi, dove ingenti somme di denaro pubblico (cioè nostro) finisce per l’essere suddiviso in mille piccoli rivoli di nessuna utilità e ricaduta pratica reale.

Urge quindi lavorare per ridare ai Comuni una dimensione tale che valorizzi la sua autonomia, riavvicinando il cittadino alle istituzioni.
Questo è un obiettivo ambizioso, ben più ambizioso di quello proposto da anni in Valle Cervo e mai realizzato per la miopia delle Amministrazioni locali, vittime del campanilismo.
I tempi cambiano, sono cambiati e cambiano ancora, così velocemente, che quel progetto appare ormai superato dagli eventi. Un Comune di 700 abitanti infatti, avrebbe pressappoco, le stesse capacità propositive e finanziarie di un Comune di 250 abitanti come il nostro d’oggi. Questo era un progetto valido vent’anni fa, ma noi oggi, non siamo chiamati a ratificare un progetto passato, ma a proporre una soluzione valida per i prossimi vent’anni. Occorrerà quindi cercare di utilizzare (per quanto ci lasceranno ancora fare a livello centrale) la legge sulle “fusioni”, per giungere ad unirci con vantaggio reciproco con un Comune con un grado di autonomia superiore al nostro e maggiormente performante tra quelli che confinano con il Comune nostro.
Nulla quindi sarà lasciato intentato per giungere a questo risultato, restando personalmente favorevole a qualsiasi soluzione “guardi a valle”.

Qualcuno, si chiederà, …ma invece di decentralizzare lo Stato vogliamo promuovere l’abolizione degli Enti locali?
Assolutamente sbagliato, è vero proprio il contrario! Uno Stato moderno ha bisogno di Comuni solidi sia sotto il profilo finanziario, che sotto il politico e gestionale. Solo così i Comuni potranno avere voce in capitolo nella vita politica e amministrativa del Paese.

Il vero processo involutivo è stato compiuto agli inizi degli anni ’70, quando con l’introduzione dell’ordinamento territoriale in Regioni, venne soppresso il Regio Decreto che sanciva il «Testo unico per la finanza locale». Praticamente, si sciolse l’ordinamento territoriale ed amministrativo Sabaudo, basato sulla centralità del controllo (il Governo del Paese) e il decentramento amministrativo (gestione pratica di Province e Comuni). Sono passati 40 anni, e “gli errori vengono al pettine”, per restare al passo con i tempi occorre tornare al più presto al punto di partenza.

Oggi tutto è mutato: le basi economiche territoriali, i rapporti con la gente, l’immagine stessa dello Stato. Deve quindi cambiare anche il Comune!
Una società che non accetta il mutamento è una società senza futuro, così come, un’amministrazione che non riesca a valutare obiettivamente il beneficio dovuto ad un cambiamento, è un danno per la società e il territorio che crede di gestire. E noi in questi ultimi vent’anni, siamo testimoni evidenti di questo degrado.

Ma, qualcun altro si chiederà ancora, …le nostre tradizioni e la nostra storia locale, cadranno nell'oblio?
Assolutamente no, perché anche gestire le eredità del passato è più facile quando l’Ente preposto, ha la forza culturale ed economica per farlo. Gestire l’eredità del passato infatti, non significa conservarla tale e quale era un tempo. Significa invece salvaguardarne lo spirito, valorizzandone gli aspetti positivi per adeguarla ai tempi che viviamo.
La storia risulta utile quando ci serve da esempio pratico per attuare un progetto per un futuro migliore. Se la storia e le esperienze passate diventano uno strumento per storicizzare il presente, non servono a nulla, anzi diventano di ostacolo al futuro!
Anche in questo caso quindi, un maggior numero di cittadini, idee e risorse, risulterà vantaggioso a preservare le importanti testimonianze storiche e le peculiarità della tradizione locale del nostro territorio.

Chiudo questo primo capitolo sperando che le argomentazioni che ho esposto siano valide per avviare un dialogo costruttivo tra noi, ma soprattutto, abbiano fugato alcuni dubbi, o abbiano stimolato anche, nuovi e più interessanti interrogativi.

Alla prossima esposizione…
Alberto Conterio

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