lunedì 23 novembre 2009

Lo sciopero degli scalpellini in Valle Cervo (1912-13)

Lo sciopero degli Scalpellini in Valle Cervo
1912-1913

Introdurre quest’argomento o scrivere una cronologia d’esso, non è facile. Quello che ci sentiamo di scrivere in modo asettico è, che furono 274 giorni effettivi di lotta sindacale, con ogni certezza, la più lunga vertenza dell’intero panorama nazionale da sempre, quella che gli scalpellini della nostra valle e di Balma in particolare seppero concludere con il loro successo tra il giugno 1912 ed il marzo 1913.

Al di sopra delle implicazioni politiche del tempo e delle nostre simpatie o passioni ideologiche di oggi, possiamo sicuramente affermare che fu una prova di forza che solo la dura scorza del valligiani della Valle Cervo avrebbe potuto sopportare, soprattutto pensando alle ristrettezze del tempo ed ai disagi ulteriori che questa vertenza aggiunse sulla popolazione interessata.
Abbiamo suddiviso il lavoro in 5 diversi capitoli. Questo oltre a rendere la lettura in linea più agevole, offre a nostro avviso, la possibilità di contestualizzare meglio i fatti nel tempo, allo scopo di giungere ad un’opinione personale sull’accaduto.

- Generalità sull’argomento






Note bibliografiche

Lo Sciopero degli Scalpellini” Edito dal Doc.Bi, di Gianni Valz Blin
La grande frode” Edizione Bastoni di Franco Malnati
Dalle corone al caos” Edizione Bastoni di Franco Malnati

Generalità sull'argomento

Lo Sciopero degli scalpellini del 1912-13
Generalità sull’argomento

Dispiace constatare purtroppo che, coloro che oggi si definiscono “storici” non siano stati in grado di fornirci una cronaca del tempo, esente da opinioni di parte.
Lo storico infatti dovrebbe occuparsi di studiare i documenti riportando ai lettori una cronaca obiettiva dei fatti - storici appunto - così come sono avvenuti nel loro contesto storico temporale, e non un racconto romanzato o soggettivo di una porzione di essi, che risenta delle nostre attuali e personali passioni.
Sede sindacale ubicata nell'attuale Abitazione del Sig. Sergio Giroli,
a centro Frazione

Non avendo noi quindi, l’ambizione di definirsi “storici”, proporremmo ai nostri lettori alcune personalissime riflessioni ed opinioni su questa pagina di “storia” locale, per quello che abbiamo potuto apprendere dalle diverse fonti (poche e frammentarie) inquadrandole però, nel contesto storico e politico nazionale del tempo, che abbiamo avuto l’accortezza di approfondire meglio e che riteniamo conoscere sufficientemente.
Quanto riporterò quindi, non vuole essere revisionismo del fatto storico in se, ma solo e semplicemente la rivisitazione delle “pagine” conosciute, leggendole con una diversa sensibilità sociale rispetto quanto fatto dal suo autore, calate nel un contesto generale dell’epoca.
Mi riferisco chiaramente al testo del Doc.Bi. scritto dal Sig. Gianni Valz Blin sull’argomento. Egli, persona indubbiamente di cultura - che stimo anche - per le sue diverse opere ed iniziative locali, fornisce a nostro parere, una visione fortemente faziosa e passionale.

Fin dalle prime righe di questo testo, si ha l’impressione di sfogliare le pagine de “L’Unità” dei primi anni ’50, dove a cominciare dai vocaboli utilizzati, il lettore era guidato più che alla conoscenza dei fatti, verso lo scontro di classe necessario all’esistenza stessa del Partito che la testata rappresentava.

Leggiamo infatti : “All’inizio del Novecento, anche nell’Alta Valle d’Andorno, retta da amministrazioni comunali guidate o condizionate da ricchi borghesi con interessi di classe sovente estranei al proletariato, sorsero e si svilupparono (…) le prime organizzazioni del Partito socialista, alcune leghe di mestiere e le mutue cooperative di consumo. I sentimenti democratici e le maturità politica acquisita soprattutto nell’emigrazione, nella conoscenza e nello studio delle nuove dottrine solidaristiche condussero alcuni capaci e onesti operai, dotati di esperienza, autorevolezza e di grande rigore ideologico , a promuovere azioni di sensibilizzazione e di proselitismo nei confronti dei conterranei e a gettare le basi per la crescita diffusa di una società più evoluta; l’inevitabile antagonismo che si sarebbe creato con il sistema dominante, sostenuto dall’egoismo e dalla difesa di privilegi consolidati, avrebbero prodotto lacerazioni, ma anche fatto crescere all’interno della comunità nuovi valori e forti speranze”

Sono poche righe davvero, ma inquadrano bene …oltre al fatto in se, soprattutto le passioni politiche personali dell’autore.

Vorremmo a tal proposito evidenziare per un successivo commento alcuni punti :

- amministrazioni comunali guidate o condizionate da ricchi borghesi estranei al proletariato
- sviluppo in valle di organizzazioni socialiste autonome ed originali
- i sentimenti democratici e la maturità politica dei rappresentati locali socialisti
- il grande rigore ideologico di costoro
- le azioni di sensibilizzazione e proselitismo nei confronti dei residenti
- l’intransigenza e l’egoismo patronale alla difesa dei loro privilegi consolidati

Prima di addentrarci in una doverosa premessa, necessaria ad inquadrare il fatto e il luogo nel contesto degli avvenimenti nazionali, vediamo di chiarire all’ignaro lettore, che la Valle d’Andorno all’inizio del ‘900, non era una lontana colonia Belga, dove le persone di colore autoctone, venivano usate o svendute a piacimento dai bianchi. Allora infatti, in tutta Italia, era presente una società basata su principi democratici collaudati da tempo, e che proprio nel periodo 1912-13 passò al suffragio universale (maschile). Il sistema Democratico di elezione delle Amministrazioni comunali e politico quindi, non era tanto peggio di quello odierno come l’autore vuol farci intendere.Detto quanto sopra, evidenziamo che la Valle d’Andorno, oggi detta Valle Cervo, non era all’epoca neppure un’entità mitica al di sopra degli eventi nazionali, ma semplicemente una piccola porzione nella complessità degli stessi eventi generali che si svolgevano su tutto il territorio nazionale.

Situazione socio politica del periodo

Lo Sciopero degli scalpellini del 1912-13
Situazione socio politica del periodo

Dal Luglio 1900, l’Italia era entrata in una nuova fase.
Questa, era divenuta realtà infatti, a causa dal malaugurato assassinio del Re Buono a Monza. La poesia d’Italia - come l’avevano definita i poeti dell’epoca - si era guastata, e Vittorio Emanuele III, divenuto Re, invece di riassestare lo Stato, tornando a rappresentarne la sua centralità secondo quanto previsto dallo Statuto Albertino - sulle ali del consenso popolare che si era stretto attorno alla Corona, indignato dalla bassezza dell’atto criminoso a sfondo terroristico del Bresci - preferì, conservare istituzioni basate sulla centralità del Parlamento, confermando la linea fortemente Costituzionale voluta e perseguita dal Padre. Sicuramente un atto di fiducia nel suo Popolo.
Non volle rappresaglie e non indisse neppure nuove elezioni come molti avrebbero desiderato, per trarre vantaggio dal malumore popolare provocato dal Regicidio. I risultati delle ultime elezioni politiche, svoltesi a giugno di quell’anno, vedevano infatti questa situazione :

Destra di Governo 663.418 voti, pari al 52,3 % delle preferenze
Sinistra Liberale (opposizione costituzionale) 271.698 voti, pari al 21,4 %
Socialisti 164.946 voti, pari al 13 %
Sinistra Radicale 89.872 voti, 7,1 %
Repubblicani 79.127 voti, 6,2 %

Questi risultati, che per i tre partiti di estrema opposizione, insieme rappresentavano il 26,3 % delle preferenze, avrebbero - in caso di nuove elezioni - verosimilmente pagato un grave dazio, in favore della Sinistra Liberale e forse anche della Destra al Governo per il motivo su indicato.
Vittorio Emanuele al contrario, giudicò il momento propizio addirittura ad un cambio di vertice del Governo (l’atto di fede di cui parlavamo poc’anzi nel suo popolo, che avrebbe rinnovato più volte in 46 anni di Regno). Ebbe così inizio il periodo d’oro di Giolitti e della sua Sinistra Liberale.
Questi, attuò da subito una politica molto conciliativa, fatto che riuscì ad attenuare molte tensioni nel Paese e ad attrarre nell’ambito legalitario alcune fazioni dei partiti estremi. Ciò consentì complessivamente un buon lavoro di riforme e il miglioramento delle condizioni generali economiche e sociali della Nazione, con il solo grosso difetto di accarezzare troppo i Socialisti, nella speranza che essi si contenessero.
Il Governo in pratica, dava l’impressione da un lato, di lasciarli fare nella convinzione che venissero a miti conigli, dall’altro lato - più fatalista - nella sostanziale convinzione che tanto, alla lunga il socialismo avrebbe vinto, portandosi in dote la repubblica, e che quindi non era il caso di scaldarsi troppo per opporvisi. Un modo più o meno evidente, di vivere alla giornata tamponando gli eccessi.

Il risultato in pochi anni fu vistoso, dai quasi 165.000 voti del 1900, i Socialisti, passarono ai 326.000 del 1904 (21 % circa), ed ai 347.000 del 1909 (19 % circa).
Giolitti comunque, vecchia volpe, sfidò questo stato di cose, osando addirittura l’introduzione del suffragio universale (seppur maschile) nel biennio appunto, 1912 -13 !

Questa mossa, all’apparenza folle per le forze di governo, fu di fatto la battuta d’arresto dei Socialisti, dopo oltre 10 anni di successi !
La lievitazione dell’elettorato, con un aumento dei voti validi da 1.830.000 voti del 1909, agli oltre 5.014.000 voti del 1913, fortemente voluto ed atteso dai Socialisti per fare il pieno delle preferenze tra il popolo, e sedersi al Governo del Paese ribaltando gli equilibri e l’egemonia della maggioranza di allora, si risolse per loro in un fisco tremendo. Vero è che i voti socialisti, passarono a quasi 1.147.000, ma è anche vero, che percentualmente, il Socialismo, rimase sostanzialmente al palo, attestandosi a meno del 23 % in totale delle preferenze ! Un nulla di fatto insomma.
Cos’era successo ? …molto semplice. La parte maggioritaria dei “nuovi” elettori, appartenevano - in una società principalmente ancora basata su una economia agricola - alla classe contadina. Questi, a maggioranza piccoli proprietari terrieri al nord, e cattolicissimi lavoratori e braccianti al sud, legati a doppio spago ai grossi latifondisti da generazioni, preferirono accordare la loro preferenza a quelle forze politiche maggiormente garanti della loro protezione e dello status quo !

Fu la fine di molte “speranze” socialiste, e l’inizio della fase culminante della tensione, che ebbe termine nel 1914 con il periodo definito “settimana rossa
Dal 1900 al 1914 infatti, il Partito Socialista, sfrutta e monetizza con intelligenza ogni possibile occasione, concessa come abbiamo visto da un Governo “molle”. Lo stesso Partito “gestisce” il sindacati e gli scioperi, …due armi extraparlamentari, per moltiplicare virtualmente, ma di fatto, i seggi in Parlamento, condizionando fortemente le scelte della maggioranza governativa, al di sopra delle regole, …anzi, contro le regole !

E’ in questo frangente temporale che si innesta l’episodio valligiano dello sciopero degli scalpellini, cioè quasi al culmine della tensione generale e nazionale, che sfociò alcuni mesi più tardi della “settimana rossa” appunto, in cui vi furono numerosi scontri in tutta Italia, anche sanguinosissimi.
In questa “famosa” settimana, si arrivò a far saltare ponti, a bruciare municipi e prefetture, ad alzare alberi della libertà, a proclamare repubbliche cittadine (es. quella di Fusignano) e a saccheggiare ed incendiare numerose Chiese. Questo fu il fenomeno Socialista in quel determinato momento storico, e non possiamo nasconderlo. Non è corretto credere o indurre a credere che in Valle Cervo puesto movimento fosse diverso o avesse un diverso modo d’agire.
Certo non tutti i Socialisti erano dei facinorosi, anzi la maggioranza erano sicuramente brave ed oneste persone, ma ricordiamolo ancora, in totale costoro erano meno del 23 % dell’elettorato, ma si permettevano dall’alto della loro utopia politica e del loro rigore ideologico, di imporre - complice la svogliatezza del Governo - la propria volontà a di sopra delle Leggi e della Democrazia, facendo uso di violenza ed intimidazione.

La vicenda locale nella Valle d'Andorno

Lo Sciopero degli scalpellini del 1912-13
La vicenda locale nella Valle d’Andorno

La vicenda locale può essere a questo punto riassunta intorno all’apparente banalità, del rinnovo di un contratto di lavoro, precedentemente concordato, tra la rappresentanza operaia degli scalpellini di Balma e le principali ditte del luogo.
Questo contratto, firmato del luglio del 1908, e perfezionato ancora in alcuni suoi punti nel maggio 1909, fu sostanzialmente rispettato ed onorato da entrambe le parti (lavoratori e datori di lavoro) fino al suo rinnovo sulla base riteniamo, non del reciproco rispetto, ma sospettiamo, sulla base di un rapporto di forza palesemente favorevole ai primi, e sfavorevole ai secondi.
Come abbiamo appreso al riguardo della situazione generale italiana di quel periodo, il contratto in oggetto risulta perfettamente integrato in questo contesto di forze contrapposte, dove un Governo molle, lasciava fare per quieto vivere, costringendo in sostanza i datori di lavoro a sottostare alle imposizioni di una minoranza chiassosa e rissosa.
Fu così, che il 17 luglio 1908, le ditte “Giuseppe Mattassoglio e figli”, “Giovanni Battista Guglielminotti Bianco”, “Mattassoglio Vella Crosa” e “Maggiorino Ghiglia” firmarono un capestro, non un contratto !
Questi infatti, oltre ai dovuti aumenti salariali (del 7 % medi), necessari e auspicabili come ad ogni rinnovo di contratto, concedeva spazio ad un vero “cavallo di Troia”.
Il famigerato articolo 2 !
L’abominio di questo articolo, legalizzato nella paura di ripercussioni ancora più gravi e di violenze divenute ormai normali come abbiamo scritto, sanciva l’obbligatorietà di assunzione del solo personale associato alla Lega degli scalpellini di Balma. In un colpo solo insomma, il sindacato, vero braccio armato del Partito Socialista, passava all’incasso di due importanti crediti :

- costringere i datori di lavoro verso maestranze gestite dal Sindacato
- costringere all’iscrizione i liberi lavoratori per poter mangiare

Solo alcuni anni più tardi, è bene ricordarlo ai nostri lettori, un simile malato “ragionamento”, sarebbe stato giustamente condannato, proprio da questi stessi bardi della Democrazia e della Libertà, come una scandalosa ed inaudita imposizione del regime totalitario fascista !

Ma veniamo ai fatti. Non vi era ragione alcuna che il Contratto, trovando naturale scadenza, nel luglio 1912, che non potesse essere velocemente rinnovato. Non potevano esserci dubbi. I lavoratori “in sella” dell’articolo 2 godevano di un privilegio, mentre i lavoratori non associati e i datori di lavoro vivevano in assenza di Stato e di ordine pubblico.
La Confederazione Generale dell’Industria di Torino però, costituitasi nel maggio del 1910, con uno scatto d’orgoglio e nel tentativo di ridare una dignità a quanti tra i loro associati si erano dovuti piegare all’imposizione dell’articolo 2, pose sul tavolo delle trattative, la questione di abrogarlo.


Stazione Ferroviaria di Balma - Addetti al carico del blocchi di sienite

Fu la guerra. Da Balma a Rosazza, con l’appoggio dei lavoratori di Biella, delle cave di Prolungo, Favaro ed Oropa, tutto si bloccò. Trecento lavoratori in sciopero.Dibattiti, assemblee operaie, servizi giornalistici locali e nazionali. Tutto lo scibile insomma di uno scontro di classe o di una battaglia sociale, più che sindacale, perché già dopo le prime settimane di lotta, furono molti i lavoratori a dover abbandonare le proprie case, per recarsi a lavorare altrove per “sbarcare il lunario” per se e per la propria famiglia.

La lotta ad oltranza e l'epilogo

Lo Sciopero degli scalpellini del 1912-13
La lotta ad oltranza e l’epilogo

Conseguentemente al totale blocco produttivo, per non perdere tutte le commesse aperte, gli imprenditori locali, tentarono la via di assunzioni di mano d’opera esterna, con incentivi in denaro.
Fu così che giunsero in valle Cervo scalpellini dal Lago d’Orta, dal Lago Maggiore, dalla Toscana e dal Varesotto. Comunque, prima ancora di poter impugnare gli attrezzi di lavora, molti di essi vennero “consigliati” di non intraprendere azioni che sarebbero state ritenute antisindacali, e tornarono velocemente ai paesi d’origine. Altri invece, che il Sig. Valz Blin definisce “Crumiri”, ma che occorrerebbe più dignitosamente identificare in liberi lavoratori (alcuni erano profughi che giungevano addirittura dalla Turchia) riuscirono a lavorare e a portare a termine alcune delle commesse su indicate, solo perché scortati e protetti giorno e notte da militari e Carabinieri inviati dal sottoprefetto Conte Carandini.

Dopo lungo tira e molla, dove la poco fruttuosa intransigenza della Confederazione Industriali di Torino, si opponeva alla fermissima volontà sindacale di non rinunciare a nulla, si giunse soltanto ad una parziale riformulazione dell’articolo 2. Per il concordato di Balma si verbalizzo : “Per le lavorazioni di Balma e Oropa gli industriali si impegnano di servirsi di mano d’opera organizzata nella Federazione Nazionale Edilizia”, mentre per Rosazza e Biella si sottoscrisse il seguente testo : “Per tutte le altre località del Biellese gli industriali scalpellini si impegnano di servirsi normalmente di mano d’opera organizzata nella Federazione Nazionale Edilizia”

Una targa pubblicitaria del Sindacato Subalpino (in Balma) del periodo

Gentile concessione del Sig. Massimo Brunello

Non vi furono - incredibile a dirsi - problemi invece per quanto riguardava i trattamenti salariali. Del resto le tariffe pagate agli scalpellini Biellesi, erano già tra le più alte d’Italia, confermando la matrice puramente politica ed ideologica della vertenza.
Ad esempio per le cave di Oropa, non si richiesero neppure aumenti; per Balma si riconobbe un aumento del 5% in tre anni, a Rosazza del 6% in due anni. Biella ebbe un aumento del 5% in soluzione unica alla firma del contratto.
Allora come oggi infatti, le organizzazioni sindacali avevano a cuore non tanto il benessere dei lavoratori o lo sviluppo sociale del territorio, quanto la protezione dei privilegi e del prestigio dell’organizzazione e dei soli associati e/o iscritti.
Comunque sia nella mattinata di martedì 4 marzo 1913 si diffuse in tutto il Biellese la notizia della “vittoria” operaia. Nel pomeriggio in Biella si svolse un corteo per la via maestra della città, mentre sul “Corriere Biellese” si poteva leggere un titolo a piena pagina della clamorosa vittoria operaia, commentando il nuovo articolo 2 !
Veniva inoltre pubblicato un ironico necrologio dal seguente testo : “Il giorno 3 marzo 1913 decedeva a Biella, dopo otto mesi di straziante agonia, nel palazzo della sottoprefettura, confortala e assistita dalla Confederazione Industriali di Torino, la signora LIBERTA’ INDIVIDUALE. Ne danno il triste annuncio… ecc. ecc.” insomma, dopo la conferma di un sopruso, si aveva anche la sfrontatezza del dileggio in pubblico !

Questo fatto irritò non poco la Confederazione Industriale, tanto che la Lega Biellese Arti Edili, che ancora non aveva firmato il contratto (pur avendo già delegato suoi rappresentanti a farlo), fecero sapere che non lo avrebbero più sottoscritto !
Chiaramente eravamo ormai ad un grottesco ed inutile puntare i piedi. Ci furono infatti ancora alcuni tentativi di apportare modifiche al “benedetto” articolo 2, ma di fatto non cambiò nulla, sen non la marginale cavillosa precisazione : “Il verbo servirsi, equivale ad assumere in servizio (…)” ed altre banalità simili.
In sostanza, gli industriali “ribelli” non avevano fatto altre che fornire ulteriori occasioni ai giornali locali - quasi tutti di parte e politicamente schierati - per essere ancora pesantemente criticati. Si parlò di “sleale ritirata degli industriali”. L’accordo definitivo fu quindi siglato il 15 aprile 1913 dopo ben 274 giorni consecutivi di sciopero. Come abbiamo anticipato nella premessa, il più lungo d’Italia da sempre, supportato dalle numerose testate giornalistiche - non solo locali - al “servizio” della Confederazione del Lavoro e del Partito Socialista.
Corriere Biellese”, “Avanti”, “l’Edilizia”, “Il Nuovo Ideale” di Varese, “Il Lavoratore” di Novara, “L’Aurora” di Pallanza, “l’Operario” di Berna in Svizzera, e quotidiani nazionali di grossa tiratura insospettabilmente schierati pure loro, come “La Stampa” e la “Gazzetta del Popolo” di Torino e il “Secolo” di Milano. La controparte, che poteva contare sull’appoggio esiguo de “Il Biellese” Cattolico e del Liberale “Gazzetta di Biella”, difesero il principio del diritto al lavoro ed al libero arbitrio dei lavoratori contro le intimidazioni ed i blocchi, anche con l’ausilio della forza pubblica.
Chiaramente furono oscurati e strumentalizzati, così come succede oggi quando si levano voci “fuori dal coro”.

Terminata questa fase non certo esaltante, si provvide ad iniziarne un’altra ancora meno dignitosa, fatta di vendette, e di rivalse, …quando non di violenze.
Il sindacato infatti mise subitamente in opera un ferreo controllo alle richieste di adesione alla Lega, da parte di tutti quei lavoratori valligiani che non avevano partecipato all’agitazione o che erano stati espulsi dalla Lega stessa per atteggiamenti divergenti dal pensiero che si pretendeva unico e dovuto. Ad alcuni di questi, vennero comminate ammende di 100 lire anche, per vedere accolta la sola domanda ed essere riammessi.
Del resto, come sentenziava il draconiano articolo 2, …o si era iscritti, o non si lavorava !
Per altri lavoratori, davanti all’ostracismo più vigliacco e vergognoso, commesso sulla pelle di chi chiedeva solo di poter lavorare, non rimase altro da fare - per poter mantenere la famiglia - che prendere la via dell’esilio verso altri lidi.
Obiettivamente, c’è da chiedersi seriamente se questo “articolo 2” non sia stato per la nostra valle, l’inizio del declino e di quella agonia nella quale ancora oggi ci dibattiamo.

Conclusioni e riflessioni personali

Lo sciopero degli scalpellini del 1912-13
Conclusioni e riflessioni personali

Noi da questo Blog, abbiamo voluto rendere pubblico sull’argomento, anche il pensiero di coloro che allora, ed in tutti questi anni, non hanno mai potuto dire la loro.
Pena l’essere messi alla berlina !
Oggi più che mai, dopo quasi 100 anni dai questi fatti, in cui la storia “ufficiale” - venendo a mancare i testimoni - viene romanzata, riteniamo quanto scritto importantissimo per potersi fare un’idea partendo da punti di vista diversi, in un quadro degli avvenimenti, che non può essere scisso da quello generale d’Italia.

Per concludere, desideriamo tornare ad elencare nuovamente i punti che avevamo già evidenziato in apertura per proporre alcune considerazioni finali :

1) amministrazioni comunali guidate o condizionate da ricchi borghesi estranei al proletariato

E’ sufficiente un fine settimana in Valle Cervo, per rendersi conto, che la maggior parte delle infrastrutture ed altre opere di pubblica utilità che ancora oggi sono utilizzate da tutti nella quotidianità locale sono state costruite da poche e benestanti famiglie borghesi, proprio con il pensiero di servire l’utilità pubblica e la classe più numerosa. Strade, ponti, scuole, chiese, luoghi di incontro, lavatoi, fontane mercati coperti, teatri ed interi villaggi di case, possono essere osservate ovunque, sono la migliore risposta a questa “curiosa” affermazione.

2) sviluppo in valle di organizzazioni socialiste autonome ed originali

Abbiamo evidenziato durante la premessa, che ciò che succedeva in Valle in quel periodo, di originale non aveva nulla, e che fu semplicemente, la conseguenza e lo sviluppo locale di ciò che avveniva nel resto del nostro Paese.

3) i sentimenti democratici e la maturità politica dei rappresentati locali socialisti

Riteniamo che l’articolo 2 locale, possa essere considerato sicuramente “prototipo” in Italia della pretesa antidemocratica della necessità d’essere iscritti al Partito Nazionale Fascista durante il “ventennio”, altro che sentimenti democratici !

4) il grande rigore ideologico di costoro

Vero, su questo punto concordiamo. Costoro, ebbero un grande rigore ideologico, che li rendeva ciechi sul piano etico e morale, arrivando a privare le persone delle più elementari libertà individuali per accrescere il prestigio del Partito di appartenenza.

5) le azioni di sensibilizzazione e proselitismo nei confronti dei residenti

Parlano da se in fatti. L’obbligatorietà dell’iscrizione, le multe e le ammende pecuniarie quando non l’esilio per coloro che pensavano differentemente.

6) l’intransigenza e l’egoismo patronale alla difesa dei loro privilegi consolidati

Questo punto, potrebbe apparire una beffa, dopo il danno. Più che industriali intransigenti, parlerei di un gregge condotto al pascolo dal sindacato, che gestiva la totalità della mano d’opera utilizzabile e quindi i tempi di lavoro, le modalità e i costi.

martedì 3 novembre 2009

Difficoltà Comunali : botta e risposta !

Difficoltà Comunali - responsabilità e finanziamenti
Amministratori e cittadini, due linee di pensiero che non si incontrano mai

In riferimento all’articolo apparso mercoledì 28 ottobre 2009 su Nuova Provincia di Biella, circa le difficoltà del Comune di Quittengo, e la precisazione del Sig. Adami pubblicata nell’edizione di sabato 31, desidererei come residente a tempo pieno in questa piccola realtà, poter scrivere alcune considerazioni.
Intanto non è vero, che i villeggianti non residenti sono più burrascosi come afferma il Sindaco Machetti.
È vero forse il contrario. A forza di protestare però, non facciamo più notizia. Insomma siamo diventati un sottofondo, un brusio al pari del gorgogliare dell’acqua che scorre nel Torrente Cervo.
Anche noi come coloro che abitano a Biella, prima o poi vorremmo essere considerati “cittadini” a tutti gli affetti.
Nonostante ciò, il nostro Sig. Sindaco, ci disillude sempre, e ci ricorda alla noia che molte delle nostre lamentale poi, non sono di competenza del Comune di Quittengo, oppure quando esse lo sono, …che il Comune è sprovvisto dei necessari fondi per porvi rimedio. E giù quindi a piangere e a disperarsi, che senza più le entrate dovute all’ICI, il Comune è impossibilitato anche a ramazzare le cicce in piazza e via dicendo.
Noi residenti, siamo persone pratiche, che sopportano i disagi del luogo, ed anche i malfunzionamenti dei servizi… tutti i servizi, ma quello che non possiamo tacere e che si sia presi in giro.
Ora, senza voler entrare nel merito dell’argomento del “botta e risposta” di questi giorni, il Sig. Sindaco Machetti, che tutti noi stimiamo, non può ad ogni nostra richiesta replicare alla bisogna con uno dei due scontatissimi cliché sopra riportati. Le non competenze, e/o la mancanza di soldi, non sono una risposta, o meglio non lo sono più, quando sono applicate su ogni argomento ed in ogni occasione, come fossero due misteri gloriosi di un nuovo credo religioso.
Dall’amministrazione di Quittengo, i cittadini chiedono fatti concreti, e non la verbalizzazione del fatalismo.
Anche quando le competenze assolvono il Comune dall’agire, il cittadino si aspetta che questo si faccia portavoce in sua vece. Mi riferisco ai disservizi dovuti ad Enti assai poco “presenti” sul nostro territorio, quali la Provincia, il Cordar, l’Enel, la Telecom… e staremo a vedere a breve, cosa succederà con la Rai e la meraviglia del digitale terrestre.
Io capisco perfettamente il “gioco” delle responsabilità o dello scaricabarile - dipende dai punti vista - ma il cittadino oggi, si aspetta che la giunta che ha eletto, si prenda a cuore i problemi della cittadinanza stessa, intervenendo ogni qual volta sia necessario, facendo pressioni, dando una voce autorevole al problema denunciato, contattando gli Uffici interessati per accelerare le pratiche, i lavori e la risoluzione definitiva delle emergenze, dandone evidenza certa !
Strade e ponti dissestati e senza parapetti, cartellonistica stradale carente o semi avvolta dalla vegetazione, piante e quant’altro a rischio di cadere in strada alle prime gocce di pioggia, fermate dei bus senza protezioni e confort, mancanza di cabine telefoniche nelle frazioni più isolate e non raggiunte da nessun segnale cellulare, acqua potabile mancante più volte l’anno, telefoni a singhiozzo e nessun dissuasore di velocità nei tratti più pericolosi della provinciale SP.100 (come nei centri “abitati”) sono una “normalità vergognosa” che non si può liquidare da anni con “…non sono di nostra competenza !”, perché sono comunque di competenza di coloro che sono stati eletti dai cittadini per rappresentare una comunità. Una comunità, diciamolo molto francamente, …bistrattata dalle Istituzioni e dagli Enti competenti.
Sono diventate famose le azioni …anche di forza e se vogliamo “cinematografiche” del Sindaco Bonanno di Varallo. Non è forse vero che queste azioni, sono indubbiamente servite alla fortunata cittadinanza di quel Comune ?
Ma veniamo ai soldi…
Non c’è comune in Itala che non abbia a protestare per la carenza dei fondi. Anche a Quittengo ? Certamente. Quando in famiglia i soldi sono pochi però, si usa spenderli dove servono ! Ora senza voler puntare il dito su un caso specifico, ci limiteremo a fare una logica riflessione : Il Comune, per la stessa ammissione del Sig. Sindaco, si trova in difficoltà, in quanto è nel bel mezzo di un trasloco della sede comunale. Cioè, volendo essere più precisi, l’edificio che ospitava gli uffici del Comune sono stati ampiamente ristrutturati ed ora si sta ultimando la sistemazione interna degli uffici stessi, dopo aver speso una cifra che supponiamo importante. Soprattutto per le esigue risorse del Comune stesso. I lavori non si potevano rimandare, certo, ma… c’è un ma…
Mettendo da parte la stupidità di un orgoglio ormai fuori dal tempo, quanti bei soldini si potevano risparmiare accorpando tra loro i vari Comuni della Valle Cervo, centralizzando in un’unica sede, i servizi, le spese fisse, le spese di manutenzione e riscaldamento di un solo edificio, così come le spese del personale di queste inutili ed ormai impotenti micro amministrazioni ?
Quanti bei soldini poi si potevano ricevere in cassa per un cospicuo numero di anni, conseguenza dei benefici previsti dalla legge, per quei Comuni che si uniscono tra loro in fusione ?
Sono ipotesi di spesa e di maggiori ricavi che più volte abbiamo chiesto vengano seriamente calcolati e divulgati per poter avere parametri oggettivi con i quali orientarsi e decidere.
Dopo anni invece, queste importanti decisioni, ancora si rimandano a venire sulla base di dubbi soggettivi di un ristretto numero di persone che, per antico retaggio storico, non sono in grado di concepire un cambiamento, il solo logico cambiamento che la cittadinanza residente e non residente, si aspetta per poter sperare di veder risolti alcuni dei problemi che fanno ormai parte dell’arredo urbano di questo territorio.
Concludo, …da giugno 2009 in avanti, con la “nuova” giunta eletta, abbiamo semplicemente continuato a rantolare come fatto in passato nel buio e nel silenzio. Nulla è cambiato non solo nel ritmo, ma anche soltanto nelle idee.
Spero di non offendere nessuno, ma la difesa ad oltranza della nostra miserevole trincea non ci porterà a vincere nessuna battaglia, è una certezza. Occorre cambiare tattica, occorre cambiare aria !

lunedì 5 ottobre 2009

Polmone : rischio Radon

Polmone : rischio Radon
nel 17 per cento delle case italiane
Il gas presente nel sottosuolo è la seconda causa
di cancro polmonare dopo il fumo.

Donatella Barus
(Fondazione Veronesi)
29 settembre 2009 (ultima modifica: 30 settembre 2009)

MILANO - Sarebbero oltre tre milioni le abitazioni in Italia esposte a livelli di radon tali da aumentare il rischio di tumore al polmone e il pericolo si moltiplica per i fumatori. Sono le conclusioni tratte da un rapporto dell’Organizzazione mondiale della Sanità sul radon nei luoghi chiusi, un gas radioattivo naturale che rappresenta il secondo fattore di rischio per cancro polmonare (dopo il fumo) e che, nel nostro Paese, può essere collegato ad almeno 3mila casi l’anno di questa malattia.

IL TESTO - «WHO Handbook on indoor radon: a public health perspective» dopo 3 anni di lavoro di un gruppo di oltre 100 esperti di 35 Paesi,e si basa sull’analisi dei dati epidemiologici mondiali più recenti (13 studi condotti in Europa, sette in America e due in Cina). Due le novità degne di nota, riassume Francesco Bochicchio, dirigente di ricerca del dipartimento Tecnologie e salute dell'Iss, coordinatore del Piano nazionale radon e componente del comitato editoriale che ha redatto il rapporto dell’Oms«Primo: il rischio di sviluppare un tumore del polmone aumenta in maniera statisticamente significativa anche per livelli di esposizione relativamente bassi, che quindi non possiamo più trascurare. Secondo: il rischio oncologico legato al radon per chi fuma è circa 20 volte più alto e diventa necessario coordinare le politiche di prevenzione sul radon con le campagne contro il tabagismo».

NUOVE SOGLIE DI RISCHIO - Alla luce dei nuovi dati, l’Oms propone un abbassamento dei livelli concentrazione di radon raccomandati. In particolare, il valore di riferimento per minimizzare i rischi per la salute è di 100 becquerel al metro cubo (bq/m3) e in ogni caso non dovrebbe mai superare i 300 bq/m3. Allora, quante abitazioni in Italia sarebbero fuori soglia? Esistono calcoli precisi, risponde Bochicchio: «Il due per cento del totale (circa 400 mila edifici) supera i 300 bq/m3 e il 17 per cento è oltre i 100 bq/m3 raccomandati».

IN ATTESA DI UNA NORMATIVA - «È necessario intervenire anche sui livelli di concentrazione più bassi – osserva Bochicchio – . Il metodo più efficace è intervenire nelle nuove costruzioni con sistemi di prevenzione, inserendo delle barriere contro l’ingresso del radon dal sottosuolo. Il Piano nazionale radon ha già emanato una raccomandazione in tal senso, anticipando il rapporto dell’Oms. Il documento, però, non ha valore normativo, quindi si è deciso insieme al Ministero della salute di portarlo in Conferenza Stato-Regioni, per arrivare a un’intesa e introdurlo nei regolamenti edilizi locali. Questo per velocizzare i tempi. Nel frattempo, si darà avvio a una proposta di normativa complessiva sul radon nelle abitazioni, che l’Italia ancora non ha» (esiste invece un decreto legislativo del 2000 che fissa la disciplina sul radon negli ambienti di lavoro).

LA PREVENZIONE PARTE DAI CANTIERI – Sulle abitazioni esistenti è possibile effettuare interventi di bonifica. «Se si rilevano alti livelli di radon, si può impedire o ridurre l’ingresso continuo del gas nell’abitazione, aspirandolo dal sottosuolo e convogliandolo all'aperto, dove si diluisce in concentrazioni non dannose – spiega Bochicchio -. Vuol dire fare uno scavo sotto le fondamenta dell’edificio e usare una pompa aspirante. Molto più efficace invece, sul piano costo-benefici, intervenire sulle nuove costruzioni. Oltre ad installare una membrana che riduca il passaggio del radon proveniente dal suolo, si può predisporre una sorta di sistema di drenaggio sotto le fondamenta, collegato a un tubo. Si può predisporre una sorta di schermatura nelle fondamenta, collegato a un tubo. In caso di bisogno, allora, basterà collegare il tubo a una piccola pompa aspiratrice da poche decine di Watt». Quanto peserebbe sulle tasche dei costruttori? «Nella peggiore delle ipotesi c’è un aggravio dei costi inferiore all’uno per cento, ma nella maggior parte dei casi si resta sotto l’uno per mille». Vi sono esperienze di altri Paesi? «In molti Paesi, ad esempio, queste norme sono già inserite nei regolamenti edilizi delle zone a maggior presenza di radon. Italia e in Gran Bretagna, invece, si lavora per un regolamento che valga dappertutto».

MAPPE DI RISCHIO - Come sapere se la propria casa è a rischio? L’unica è misurare i livelli di radon. Esistono delle mappe, ma non sono specifiche. Si sa, ad esempio, che Lombardia e Lazio sono le Regioni a maggior concentrazione di radon (fra i 100 e i 120 bq/m3), mentre Liguria, Marche, Basilicata, Calabria e Sicilia restano al di sotto del 40 bq/m3. «Ma questo – puntualizza Bochicchio - non significa che tutte le case di Roma hanno più radon di quelle genovesi. Le mappe servono a chi deve programmare interventi sul territorio, mentre il livello di esposizione della singola casa dipende non solo dalla sua collocazione, ma da come è costruita, dal tipo di sottosuolo, dalla ventilazione e da molti altri fattori. Varia persino fra giorno e notte». La concentrazione media di radon nelle case italiane si aggira intorno ai 70 bq/m3, contro i 60 in Europa e i 39 su scala mondiale.

NON CHIAMATELA EMERGENZA – Su un punto gli esperti vogliono essere chiari: non c’è un «allarme radon». «Si tratta di prevenzione – afferma Bochicchio – perché se sono esposto per decenni ad una certa concentrazione di radon, aumenta il mio rischio di ammalarmi di cancro al polmone, in modo proporzionale alla concentrazione media. Fare seria prevenzione vuol dire salvare molte vite umane. È importante che i cittadini siano consapevoli, ma la cosa più importante che le istituzioni facciano di tutto per ridurre i rischi».

COME SI MUOVE L’EUROPA – Sul radon nelle abitazioni esiste già una raccomandazione dell’Unione europea del 1990, mai recepita però nel nostro Paese. Le cose dovrebbero cambiare presto, secondo l’esperto dell’Iss: «Le prossime direttive Ue sulla radioprotezione includeranno anche il radon nelle abitazioni, mentre per ora si occupano solo del radon sul luogo di lavoro. In questo modo anche l’Italia dovrà recepirle. Le bozze attuali della direttiva mantengono i livelli di esposizione raccomandati nel ’90, ossia 400 bq/m3 nelle abitazioni esistenti, ma ci aspettiamo che vengano riviste al ribasso, anche grazie al gran lavoro di sollecitazione che come Oms abbiamo svolto sugli organismi internazionali da cui derivano le norme».

NOTO SIN DALL’ANTICHITÀ – Il radon è un gas inodore, insapere e incolore, presente in tutta la crosta terrestre, classificato come sostanza cancerogena dall’Oms. Si trova pressochè ovunque, ma è nei luoghi chiusi, come le miniere o le case, che può raggiungere concentrazioni significative per la salute. E non è certo una novità, come racconta Francesco Bochicchio: «Le prime indicazioni risalgono addirittura al primo secolo dopo Cristo e poi, con maggior dettaglio, al sedicesimo secolo, quando si rilevava una mortalità anomala tra i minatori. Ma il caso radon è diventato evidente nel secondo dopoguerra, sempre perché si osservava fra i lavoratori delle miniere di uranio (da cui deriva il radon) un numero di decessi per tumore al polmone più alto della media . Per molto tempo si pensò che il problema fosse limitato ai minatori». Ma a metà degli anni ‘80 un episodio accaduto negli Stati Uniti permise di smascherare finalmente il gas. «Entrando al lavoro in un impianto nucleare, un lavoratore fece scattare gli allarmi radioattività. Fu subito sottoposto ad accurati accertamenti, si temevano perdite di uranio, ma si capì che la contaminazione arrivava dalla sua abitazione, che presentava alti livelli di radon. Mai prima si era pensato a un nemico in casa. Gli Usa, nel giro di pochi anni, misero in piedi un apparato di controlli e norme effettive. In Italia si fecero i primi interventi negli anni ’90, dopo un’indagine nazionale».

UN TUMORE AL POLMONE SU 10 –In Italia si possono stimare circa 3mila casi di tumore al polmone (il 10 per cento del totale) attribuibili al radon. Il dato si basa sugli studi epidemiologici europei, a cui ha contribuito anche una ricerca svolta in Italia dall’Iss con l’Osservatore epidemiologico del Lazio e pubblicata nel 2005 ), che conferma la sinergia micidiale fra radon e tabacco, oltre a suggerire il ruolo protettivo di una dieta ricca di antiossidanti.

Fonte “Corriere della Sera” SALUTE

Radon, micidiale alleato del fumo

Radon, micidiale alleato del fumo
Il gas radioattivo responsabile di migliaia di casi di tumore al polmone


Elena Meli
20 gennaio 2009 (ultima modifica: 02 marzo 2009)

Non c'è verso di accorgersi della presenza del radon: non ha odore, non ha colore, non ha sapore. Ma in alcune case c'è, eccome, e non è una bella notizia. Perché è un gas radioattivo: produce particelle ionizzanti che, una volta inalate, si depositano nei bronchi e possono danneggiare il DNA delle cellule. Favorendo la comparsa del cancro al polmone: secondo una ricerca condotta in Inghilterra, appena pubblicata online dal British Medical Journal, ogni anno in Europa 18 mila decessi per questo tumore sarebbero provocati dall'esposizione al radon. In 6 casi su 7 si tratta di fumatori o ex fumatori: su di loro l'effetto del radon è maggiore perché il gas fa schizzare alle stelle il rischio, già assai elevato, di chi cede alle sigarette. Ciò che colpisce ancora di più, però, è scoprire che nel Regno Unito solo il 4% dei casi si registra in chi abita in case con concentrazioni di radon superiori ai 200 becquerel per metro cubo, il limite indicato dalla raccomandazione europea del 1990 per i nuovi edifici (per quelli esistenti la soglia oltre cui sono consigliati interventi di bonifica sale a 400 Bq/m3). In Inghilterra il 70% dei tumori polmonari attribuibili al radon, scrivono gli autori, si manifesta in abitazioni dove il gas è inferiore a 50 Bq/m3(in Italia la media è 70): che i limiti siano da rivedere?

NON C'È UNA SOGLIA - «Non abbiamo evidenze dell'esistenza di una “soglia”, cioè di un valore al di sotto del quale non c'è rischio: la probabilità di tumore polmonare cresce all'aumentare della concentrazione di radon e del tempo di esposizione. I valori di riferimento europei sono un compromesso, fra i tanti possibili, tra diminuzione del pericolo e costo e fattibilità degli interventi per ridurre il rischio — spiega Francesco Bochicchio dell'Istituto Superiore di Sanità, coordinatore del Piano Nazionale Radon —. Detto ciò, i dati si spiegano perché gran parte della gente vive in abitazioni dove i livelli di radon sono medio- bassi: in generale, perciò, il numero di tumori polmonari fra chi vive in edifici con tanto radon è comunque più basso rispetto alla quota di casi che si verificano nel resto della popolazione». Di sicuro è bene ridurre l'esposizione: secondo i dati del Piano Nazionale Radon, che a breve diffonderà alcune raccomandazioni, ogni anno circa 3.000 italiani (in gran parte fumatori) muoiono per un tumore al polmone attribuibile al radon. Difendersi a prima vista non pare facilissimo: secondo lo studio inglese, però, basterebbero interventi tutto sommato poco costosi per mettere in sicurezza le case e ridurre il numero di vittime di cancro al polmone. «Misurare il radon costa qualche decina di euro, i rimedi per ridurne l'ingresso (azzerarlo è impossibile) poche centinaia di euro: è bene diffidare di chi propone interventi a prezzi esagerati — specifica Bochicchio —. È possibile intervenire anche sulle case esistenti, ma arginare il radon nei nuovi edifici è di certo più semplice. Nessuno oggi costruisce in funzione dei livelli di radon misurati nel terreno: è difficile quantificarli perché variano molto ed è impossibile prevedere la concentrazione che ci sarà in ciascuna casa. Tra un paio di mesi sarà approvato il documento tecnico del Piano Nazionale Radon con le indicazioni da seguire per le nuove costruzioni» conclude Bochicchio.

Fonte “Corriere della Sera” SALUTE

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mercoledì 23 settembre 2009

Radon, Oms riduce i limiti di accettabilità

Radon, Oms riduce i limiti
di concentrazione nelle case a 100 Bq/m3
La Comunità Europea raccomanda i 200 Bq/m3

GINEVRA (22 settembre) - L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha drasticamente ridotto i livelli di concentrazione accettabili nelle abitazioni per il radon, gas radioattivo di origine naturale che può causare cancro al polmone. Lo ha detto una portavoce dell'Oms confermando confermando un'informazione della stampa elvetica. Il radon è la seconda causa di cancro al polmone dopo il tabacco, ha detto la portavoce dell'Oms Fadela Chaib.
L'Oms raccomanda quindi di abbassare i valori di riferimento per il radon ad un massimo di 100 Becquerel (Bq per metro cubo per minimizzare i rischi per la salute, pari a un decimo del massimo di 1000 Bq/m3 indicato nel 1996. Se tale livello non può essere raggiunto, la concentrazione non dovrebbe tuttavia superare i 300 Bq/m3, afferma l'Oms. La nuova raccomandazione nasce da studi epidemiologici condotti in Europa, Stati Uniti e Cina sugli effetti nocivi dell'esposizione al radon nelle abitazioni, ha spiegato un esperto dell'Oms. Molti Paesi hanno già fissato limiti tra 200-400 Bq/metro cubo.

In Italia non c'è ancora una normativa per il limite massimo di concentrazione di radon all'interno delle abitazioni private. La Comunità Europea raccomanda i limiti di 200 Bq/m3 per le nuove abitazioni e 400 Bq/m3 per quelle già esistenti. Molti paesi hanno adottato valori di riferimento più bassi: Stati Uniti: 150 Bq/m3, Regno Unito: 200 Bq/m3 , Germania: 250 Bq/m3 La Svizzera ha invece optato per un valore limite prescrittivo di 1000 Bq/m3 e un valore operativo (raccomandato) di 400 Bq/m3, mentre le scuole, per la presenza di bambini e giovani, sono state considerate alla stregua di locali abitativi.
In ogni caso i valori medi misurati nelle regioni italiane variano da 20 a 120 Bq/m3
Tratto da : Il Messaggero.it

Nota personale sull’argomento

A seguito di questo articolo, che personalmente ritengo una colossale bufala, in appoggio alla strategia “commerciale” di qualche lobby, al pari del cambiamento climatico planetario, o dei rischi che si potrebbero correre sfruttando l’energia nucleare ed altre isteriche invenzioni simil-verdi o ambientaliste, mi chiedo se una delle molteplici strutture Istituzionali del nostro territorio ha pensato a commissionare uno studio o un progetto che definisca in modo perentorio e definitivo quali sono i rischi per la popolazione - se vi sono - o il grado di verità che articoli come questo, portano in bagaglio.

Interessante era stato l’incontro organizzato in Valle Cervo alcuni anni fa, ma sarebbe a questo punto più interessante ed utile venire a conoscenza di come i nostri Comuni, che si ritengono in grado di fare da soli, si siano organizzati per controbattere gli allarmismi lanciati sui media come l’esempio che ho sopra riportato. Abbiamo poi una Comunità Montana che affonda le sue radici su un territorio quasi per intero interessato dal fenomeno… qual è il suo operato sull’argomento ?
Andiamo oltre. Il Consorzio dei Comuni recentemente rinvigorito con cariche di prestigio, ha portato avanti in questi anni di "vegetale" esistenza un progetto in tal senso ?
E la Provincia, oggi in mano agli uomini “del territorio” - ma imposti da Roma - ha ereditato dalla precedente amministrazione di sinistra - che si è sempre eletta a difensore del popolo - un’organizzazione, un ufficio, un incaricato in proposito ? No ? Quali sono allora le prospettive future ?

Continueremo a pendere dalle labbra di certa stampa scandalistica e catastrofista, oppure ci metteremo a fare sul serio, proponendo alle popolazioni informazioni “certificate” ed esenti da interessi di parte ? Insomma, almeno per quanto riguarda l’informazione e la salute dei cittadini, vogliamo fare del nostro meglio ?
23.09.2009 - Alberto Conterio

lunedì 31 agosto 2009

Dove siamo ?

Dove siamo ?

In questo spazio cercherò di guidare l’ipotetico turista che cerca la nostra frazione di Balma fino a noi.

Da Biella occorre imboccare la Strada Provinciale 100, che conduce fino a Piedicavallo in fondo alla Valle Cervo, superando nell’ordine Pavignano (rione di Biella), Adorno Micca (Capoluogo della Valle Cervo, Sagliano Micca (Paese natale dell’Eroe Sabaudo Pietro Micca). Si sale ancora e superate le frazioni di Casale e Passobreve, varchiamo il confine del Comune di Quittengo, superando anche la sua prima frazione Bogna.

Poche centinaia di metri ancora e giungiamo all’abitato di Balma, piuttosto esteso per essere una semplice frazione. Appare di colpo dietro alla curva successiva al torrente Rialmosca.
La maggior parte delle abitazioni sono disposte sulla destra della Provinciale (salendo), mentre a sinistra di essa è ben visibile ancora la massicciata della vecchia ferrovia (appena più in basso della pavimentazione stradale), che faceva capolinea proprio nella nostra frazione poche decine di metri oltre l’abitato prima del ponte per Ribella.

Pur con l’apparenza d’essere un poco “dismessa” e poco abitata, Balma è tra le frazioni più densamente popolate della valle.
Disponiamo di un negozio di alimentari (l’emporio del Pincin) nonché Bar, che oltre ai generi di prima necessità dispensa anche informazioni turistiche e consigli utili per la sopravvivenza in loco.
Oltre a ciò, che da solo risolve un buon 50 % dei problemi dei residenti, abbiamo una birreria detta “il nido del falco”, e una farmacia molto ben gestita (tanto che è più facile trovare ciò che si cerca a Balma che in una farmacia di città). Qualsiasi medicinale infatti, se non presente in loco, viene ordinato e recapitato personalmente dal Dott. Angelo nella buca delle lettere entro le successive 12 ore dalla richiesta !
Anche Poste Italiane, mantengono un presidio presso il nostro Borgo. Una presenza parziale e a tempo naturalmente, ma l’Ufficio Postale, è un lusso che a Quittengo capoluogo non hanno !
Ampi parcheggi ovunque e una splendida Chiesetta dedicata alla Madonna della Salute sempre tirata a lucido completano i servizi e le infrastrutture.

Cosa ancora potrebbe servirci ?
Intanto qualche abitante in più, e poi una maggiore attenzione della Provincia di Biella per la gestione e la manutenzione della strada Provinciale appunto !
Per il resto, disponiamo di molta libertà. Questo è sufficiente a bilanciare i piccoli disagi che annualmente possono presentarsi ai residenti, …quali :
l’erogazione dell’energia elettrica,
il corretto funzionamento del telefono (siamo ansiosi dopo i lavori sulla linea, d’essere collegati a 10 Mbytes),
l’approvvigionamento idrico,
la ricezione televisiva (chissà cosa succederà con il Digitale…),
gli eventuali provetti Schumacher o Valentino Rossi che attraversano il nostro abitato come se fossero in pista durante un Gran Premio nei fine settimana.

Detto questo, ci reputiamo sicuramente dei fortunati, e ci risulta impossibile pensare ad un luogo migliore del nostro !
Uno scoop ?
Che si sparga la voce…
pare che l’acqua erogata dalla fontana presente a centro frazione - definita pomposamente su un libro illustrato “fontana del Leone” - sia in grado di salvaguardare dalle malattie ed allungare la vita di lustri interi coloro che la consumano regolarmente. Deve essere per questo motivo che la quantità oraria erogata è stata progressivamente ridotta negli ultimi anni.
Quest’acqua ormai, …non ha prezzo !

venerdì 10 luglio 2009

Oratorio Madonna della Salute

L’edificazione della bella Chiesetta presente nella nostra Frazione, si deve all’iniziativa delle donne residenti presso la nostra Borgata all’inizio del 900.
Queste Signore infatti, molto pie, per recitare il rosario, erano costrette a recarsi presso la Cappelletta che si trova lungo la strada per Frazione Ribella (visibile oggi durante la stagione invernale - per l'assenza delle foglie sugli alberi - anche dall’abitato di Balma) in Comune di San Paolo Cervo a monte delle cave di sienite.
La scomodità di questa situazione, portò un giorno di maggio 1907, ad aguzzare l’ingegno.

Alcune di queste donne (Carmelina Crosa, Olga Guglielminotti Gaiet, Argentina Crosa, Lucinda Delleani, Anna Vella in Crosa e altre i cui nomi ormai non si possono ricordare) notarono infatti che a monte del nostro abitato vi era un’area libera. Chiaramente un’area accidentata e pietrosa, ma, fu accertato che si trattava di proprietà del Comune di Quittengo. Immediatamente si attivarono per ottenere la disponibilità a costruirvi una piccola Chiesetta.

L’Idea piacque anche al Comune, nonostante si affrettasse a precisazione che nessun onere per rendere il terreno “edificabile” fosse a lui addebitato.
L’Opera così, fu iniziata e portata a termine dalla sola popolazione. L’entusiasmo al tempo non mancava, ma gli esigui mezzi a disposizione fecero in modo che la costruzione richiedesse qualche anno per essere completata.

Solo nel 1911, infatti i capi famiglia poterono recarsi dal Vescovo di Biella (Monsignore Andrea Masera) per chiedere l’autorizzazione ad aprire la Chiesetta al culto consacrandone le mura.
Il Vescovo che era molto legato al Santuario di Oropa, non solo concesse quanto richiesto, ma regalò una statua della Madonna Nera di Oropa (conservata e visibile sulla parete destra all’interno della Chiesetta), consigliando di dedicare ad essa la nuova costruzione.
Dato che la nostra Frazione al tempo, era il centro su cui gravitavano diverse cave di Sienite - non solo le già citate in territorio di San Paolo Cervo, ma anche alle spalle dello stesso abitato - tutte le abitazioni erano costantemente esposte al pericolo rappresentato dallo sparo e/o esplosione delle mine, si preferì dedicare l’Oratorio alla Madonna della Salute, affinché proteggesse le persone e le abitazioni dai pericoli citati.

Il campanile venne costruito in seguito, e su di esso venne issata la campana. Questa campana proveniva dall’Oratorio del Padre Eterno di Oretto, e fu acquistata e donata dalla Signora Lucinda Delleani Ved. Beccara quando dopo la morte del marito, si trasferì a Balma.

Ad oggi non abbiamo memoria se, nel tempo, questa campana sia stata sostituita con altra, mentre l’orologio che in un primo tempo era a caricamento manuale, fu successivamente elettrificato. Recentemente poi (nel 2004), grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio di Biella ed al contributo dello stesso Comune di Quittento, l’orologio è stato ammodernato. Siamo testimoni infatti della sua perfetta e regolare precisione !
La festa dell’Oratorio che precedentemente si teneva alla prima domenica di maggio, e stata spostata avanti, alla prima domenica di luglio per usufruire “teoricamente” di migliori condizioni climatiche, maggiormente favorevoli cioè ad una più folta partecipazione dei residenti o di chi è rimasto devoto alla Madonna della Salute !



Una curiosità

Questa è la fotografia del Pavimento della Chiesetta, prima che fosse rivestito in pietra (in anni recenti). La data incisa sul nudo cemento, è quella dell'anno di completamento dell'Opera. Oggi non è più visibile. Ringraziamo quindi chi l'ha fotografata ben sapendo che sarebbe diventata (la fotografia) la sola memoria di questo "piccolo" particolare.

Si ringrazia per la composizione di questo testo il Sig. Flavio Bonardi

Festa in Frazione

Domenica 5 luglio 2009 si è svolta la tradizionale festa in Frazione Balma.
La giornata è cominciata con un tempo stupendo. Cielo azzurro e sole caldo con la solita aria fresca di montagna che ci caratterizza per tutto l’anno.
La Santa Messa è officiata da Don Marazzino presso la nostra chiesetta dedicata alla Madonna della Salute.


La predica di Don Marazzino è sconfinata sovente e “simpaticamente” in dialetto piemontese. Ciò non ha impedito di fornirci argomenti sufficienti a farci riflettere sui comportamenti e sulla vita che conduciamo.
A seguire, ricco buffet con aperitivi offerto da Germana e Flavio sul praticello prospiciente la cappella stessa, all’ombra dei pini, definito ironicamente “banco alimentare” dallo stesso Flavio.
Un modo simpatico di ritrovarci almeno una volta l’anno tutti assieme (quasi tutti), residenti, nativi del luogo ma non più residenti ed anche villeggianti affezionati proprietari di seconde case.
Folta la partecipazione. La festa è continuata a pranzo, organizzato quest’anno al santuario di San Giovanni d’Andorno.

Il locale recentemente ristrutturato del ristorante ci ha accolti magnificamente e senza problemi di spazio. Ottimo il menu e la compagnia.
Sono occasioni, in cui è possibile riportare alla mente vecchi ricordi e curiosità.
Personalmente ricordo con grande piacere la prima festa a cui abbiamo partecipato. Era il 2002, fervevano i lavori in casa nostra di ristrutturazione, per poter traslocare una trentina di giorni dopo in Agosto. Coperto di vernice e malvestito, fui quasi fisicamente trascinato dai vicini, che in maggioranza ancora non conoscevo, per poter assaporare con loro un salatino ed un bicchierino di sangria tra mille domande curiose per fare conoscenza. E’ stato un buon “battesimo” davvero, confermato molte volte in questi 7 anni ormai che risediamo, da vicini sempre cortesi e collaborativi.


Due gocce d’acqua dopo pranzo, non ci hanno impedito di prendere il fresco guardando il panorama dal cortile del Santuario mentre i bimbi (numerosi quest’anno) giocavano ed andavano in bicicletta..
La giornata è terminata nel pomeriggio con un ultimo bicchiere di buon vino rosso presso l’abitazione di Flavio.

Grazie a tutti e speriamo d’essere nuovamente presenti il prossimo anno.

giovedì 2 luglio 2009

La foto di famiglia del Nonno

Ricordi di un tempo…
La foto di famiglia del Nonno

Con gli anni che passano, penso sempre più spesso a scrivere le memoria mie personali di un tempo.
Mi affiorano nella testa i racconti del nonno soprattutto, che sono in gran parte legati a questi luoghi, ma anche i ricordi miei di infanzia.
Vedrò cosa riuscirò a scrivere. Per certo sarà un lavoro a puntate, o meglio per argomenti.
L’intenzione è quella di commemorare in primis la mia famiglia, ma soprattutto mio nonno Guido Conterio, che quest’anno, avrebbe potuto compiere 100 anni, se fosse stato maggiormente fortunato !
Desidero quindi poggiare questa “prima pietra” pubblicando una delle fotografie più care proprio al nonno, quella che lo ritraeva assieme alla sua famiglia.
Ritengo che l’anno debba essere il 1916, o giù di lì.

Mio nonno Guido infatti, (il primo dei bambini da sinistra) è nato nel 1909, la sorellina Emma nel 1912, ed il suo fratello maggiore Angelo, detto in seguito “Nino”, era del 1907. Completano questa splendida fotografia d’epoca la mia bis-nonna Ludovica Cantono, ed il mio bis-nonno Arnido Conterio.

Gli abiti sono quelli usuali per i ragazzini dell’epoca appartenenti alle famiglie della piccola borghesia che avevano una certa disponibilità finanziaria.
La piccola Emma ha un magnifico vestitino chiaro in tessuto operato, le calze bianche e le scarpine di vernice nere. I ragazzini, indossano una tunica tipo “militare”, con i bottoni in vista per Angelo, e con i bottoni coperti il “nonno” Guido. Ambedue vestono i pantaloni al ginocchio, le calze lunghe e le scarpe di cuoio alte, legate. A quell’epoca i pantaloni lunghi non erano indossati dai ragazzini se non dopo la maggior età.
Per i genitori, la mamma Ludovica indossa un elegante tailleur dalla curiosa scollatura della giacchina, comunque abbottonata sotto alla gola. Gonna lunga e presumibilmente scarpe con un tacco basso. Papà Arnido invece indossa un abito completo scuro, con gilè o panciotto, camicia e cravatta.
Dal taschino del gilè si vede chiaramente fissata la catenella che tratteneva l’orologio da taschino, …naturalmente un orologio d’oro !
Il bis-nonno Arnido, portava inoltre un ben paio di baffi all’Umberta.

Il fondale “artistico” per la posa, è anch’esso tipico dell’epoca, e ci conferma l’agiatezza della famiglia, che non lesinava il denaro necessario ad una fotografia presso uno studio fotografico per puro diletto. All’epoca non era una cosa così scontata ed usuale.

mercoledì 1 luglio 2009

Polenta Concia (Biellese)

Polenta Concia (Biellese, detta "di Oropa")

Premetto che non sono un cuoco, e nel cucinare me la cavo appena, ma ritengo d’essere una buona forchetta. Del resto nella mia famiglia mangiare è una “religione”, e certe tradizioni è bene che non vengano disattese.
Sono in molti a chiedermi la ricetta della polenta concia, ed ogni volta devo fare mente locale.
Oggi ho deciso di “ufficializzare” la ricetta che ritengo corretta, in modo che possa servire da traccia a quanti non la conoscono o a chiarire quanti hanno dei dubbi.

Occorre convincersi che la polenta concia, non ha una ricetta rigida. E' normale quindi che possa essere preparata in ogni famiglia con piccole varianti. Naturalmente stiamo parlando della Polenta Concia Biellese, cioè del piatto tipico che si può gustare in ogni trattoria o ristorante nei pressi del Santuario di Oropa per intenderci.

Questa specialità, non ha nulla a che fare con la polenta concia valdostana, e con il suo surrogato cucinato anche nel comasco.
E’ un piatto originale ed unico !

Come ho scritto poc’anzi, viene preparato con qualche variante nella quantità e qualità degli ingredienti, tra i quali è indispensabile comunque la toma o tometta delle nostre valli, non troppo stagionata.

Tempo di Preparazione : 30 min.
Tempo di Cottura : 1 ora
Calorie : Elevate (non bisogna soffrire di colesterolo alto !)


Ingredienti per 4 persone

- 350 gr di farina di mais
- 1 litro d'acqua circa
- 200 gr di toma (la toma abbiamo detto non deve essere troppo stagionata e grassa. Ottima quella che presenta una consistenza gommosa senza particolare profumo)
- 100 gr di maccagno (formaggio tipico biellese, non troppo fresco ma neppure troppo stagionato)
- 200 gr di burro fresco
- alcune foglie di salvia
- alcuni chiodi di garofano
- sale (secondo preferenza)
- pepe (secondo preferenza)


Preparazione

Nel paiolo di rame portare a bollore l'acqua con un pugno di
farina che serve a togliere il sapore di "acqua bollita".Quando
l'ebollizione è vivace salare e aggiungere a pioggia la farina
rimestando energicamente con la frusta per evitare che si formino
grumi. Regolare la densità dell’insieme con altra acqua se necessario.
Occorre che la polenta sia inizialmente molto liquida e morbida perché
con la cottura si addenserà un poco.
Cuocere quindi a fuoco moderato per almeno 50 minuti.

Preparare il formaggio tagliato a fettine.

In un pentolino sciogliere e far rosolare lievemente il burro con la salvia ed i chiodi di garofano (che andranno poi eliminati), una grattatina di pepe (secondo i gusti).
Il burro non deve annerire per nessun motivo !

A cottura quasi ultimata aggiungere il formaggio alla polenta,
rimestare perché il tutto si sciolga perfettamente.
Aggiungere per ultimo il burro preparato a parte, e rimestare ancora, ...quindi servire fumante.


Come servire ?

Si serve avendo cura d’aver pre-riscaldato i piatti, con il mestolo, e si gusta con il cucchiaio.
Nel caso sia possibile gustarla potendo utilizzare la forchetta, vuol dire che non è Polenta Concia di Oropa, ed è tutto da rifare !


Consigli aggiuntivi

E’ un piatto che trova tutti concordi nel definirlo SUBLIME al palato.
Anche tra i miei più scettici amici del sud Italia, …riuscito a fargli superare la resistenza al primo assaggio, è sempre stato difficile poi, allontanarli dal paiolo !

E’ una specialità che si gusta preferibilmente durante la stagione fredda, ma soprattutto mai e ripeto mai senza accompagnarla con una buona dose di robusto vino rosso (chiaramente Piemontese).
Ottima la Barbera di stagione lievemente mossa, o un buon Dolcetto fermo di qualche anno secondo preferenza.

Sconsigliati vini più pregiati dato che si tratta di accompagnare un piatto “semplice”.


Mi auguro di ricevere presto i commenti di coloro che hanno provato !

mercoledì 17 giugno 2009

Benvenuti, Welcome in Valle Cervo !

L’economia traballa, i posti di lavoro sono sempre meno. Questa la fotografia generale del nostro Paese che si adatta a meraviglia anche per la Provincia di Biella che non può fare eccezione. In Valle Cervo, ci aggiungiamo lo spopolamento ed il totale disinteresse istituzionale a cominciare proprio dalla Provincia stessa.
Comunque tutti e ripeto tutti, a parole hanno perfettamente individuato la ricetta medica con la quale rimettere in salute il territorio ormai da oltre un decennio. Un bel mix di terziario, commercio spicciolo e turismo !
Nessuna paura quindi, è questione di poche settimane ancora, …poi, potremmo riprendere a sorridere.

Ieri mentre attendevo il mio turno alla cassa del supermercato Conad di Adorno Micca sento una coppia di mezza età, chiedere alla cassiera l’indirizzo di un luogo dove poter dormire una notte.
Che fossero dei turisti ? Incredibile, mi sono detto, …allora la ricetta funziona !
Non proprio… intanto la cassiera con aria spaventata e bianca in volto, non ha saputo dare una risposta, e girandosi verso la collega con qualche anno di più per cercar conforto, ne ha ricavato soltanto un’espressione di stupore ed imbarazzo. Delle 10 o 15 persone presenti in attesa alle casse stesse, nessuna ha saputo dare un contributo per risolvere il quesito. A questo punto, mi sono permesso di offrire ciò che sapeva, indirizzando la coppia verso il Santuario di San Giovanni, quando ormai era praticamente convinta di dover tornare nell’afa estiva di Biella per poter dormire in un letto. Peccato non aver potuto essere più preciso e preparato, perché in valle oltre a questa eccellente possibilità esistono alcuni Bed & Brekfast in località davvero incantevoli.
Fino a qui le parole ed i fatti, ora vediamo alla critica…
La nostra valle, oltre a far parte della Regione Piemonte e della Provincia di Biella, rientra nelle competenze di una Comunità Montana.
Io non metto in dubbio il loro buon operato in mille cose (?) ma visto che il nostro futuro sembra fatto di turismo, siamo capaci di aggiungere al cartello che indica “La Bursch” anche qualche indicazione utile di ciò che si può trovare sul territorio, tanto da non far apparire il cartello stesso soltanto una lapide del cimitero ?
“Benvetuni, Welcome in Valle Cervo” c’è scritto a ridosso della prima rotonda all’entrata di Adorno Micca. Ma benvenuti per fare cosa ?
Quante Regioni, Province, Comuni e Comunità Montane ancora dovremmo mantenere a uffa perché un malcapitato turista “per caso”, possa avere una risposta ad una domanda e trovare senza troppe difficoltà un letto per dormire ?
Senza sperare nel cambiamento promesso con il recente e già conosciuto opportunismo elettorale, mi rammarico di quante possibilità abbiamo perso fino ad ora e quante ancora dovremo perderne in futuro grazie a questa disorganizzazione.
Disponibile a dispensare consigli e consulenze, resto a disposizione di chi ha a cuore il futuro della nostra valle.

Pubblicato su : "Il Biellese" di martedì 23.06.2009

martedì 9 giugno 2009

Il ritorno di Giovanni Machetti

L'ex presidente della comunità montana
è di nuovo sindaco

(8 giu) Il ritorno di Giovanni Machetti. Il presidente uscente della comunità montana La Bursch-Alta Valle Cervo è il nuovo sindaco del comune di Quittengo, carica che aveva già ricoperto alcuni anni fa.
Machetti è stato eletto con il 65,97% dei voti, contro il 34,02% ottenuto dalla lista Fusione Comuni Alta Valle Cervo guidata da Roberto Rossi.

In totale, nel paese di Quittengo, i votanti sono stati 147 su 234 (62,82%). Allo scrutinio sono risultate 2 schede biance e 1 scheda nulla.

Da : ECO di Biella

A nome della Frazione di Balma mi congratulo con Sig. Machetti. Sono sicuro che saprà farci dimenticare alla svelta il fantasma del suo predecessore Sig. Penna, riaprendo il dialogo con le frazioni e soprattutto con le persone. Da parte mia massima stima e collaborazione.

Mi congratulo anche con lo sconfitto Roberto Rossi, che ha avuto il pregio di rilanciare presso il nostro comune quel tanto di interesse alternativo che non potrà che farci progredire in futuro con una sana concorrenza in Consiglio Comunale.

Peccato infine per l’occasione perduta (forse l’ultima) del progetto Fusione Alta Valle.
Ora possiamo attendere con pazienza un “liquidatore” esterno mandato da Roma. Mi auguro soltanto che sia un buon meridionale, con sani principi, …ma soprattutto che ignori del tutto la nostra storia e la nostra cultura. Eredità troppo pesante e scomoda per una comunità che non sa guardare oltre il proprio naso.

Saremo fortunati ?

Lo speriamo vivamente per i pochi bambini ancora presenti in Valle Cervo !!!

mercoledì 3 giugno 2009

Due giugno anche a Balma !

Può sembrare che il cantone di Balma - come eravamo denominati un tempo - viva fuori dal tempo, …ogni giorno le stesse e pochissime persone residenti, ogni stagione simile a quella che l’ ha preceduta l’anno passato.
Può sembrare infatti, ma così non è !
Alcuni versi di un poema scritto da Tolkien in una delle sue opere più famose, recitano :

“…non tutto è oro quel che luccica,
ne gli erranti son perduti,
dalle ceneri un fuoco risorgerà…”

…mi sembra che essi calzino a pennello !
E’ così che il due giugno, giorno di festa per la repubblica, ma secondo il mio modesto parere, di lutto per l’Italia intera, la sola bandiera che sventolava in Frazione era quella “ITALIANA” appunto, quella dell’Unità, del Risorgimento, …quella che riuscì a mettere assieme i propositi dei garibaldini con i propositi di una Dinastia che seppe fare sue le aspettative di un popolo, nella costruzione di una realtà comune più forte ed indipendente.
E con orgoglio di italiano prima, e di piemontese poi, che il 2 giugno espongo questo vessillo carico di gloria e di storia in contrapposizione ai pochi tricolori napoleonici, stinti e sporchi esposti esclusivamente per legge sugli edifici pubblici, che non rappresentano più nessuno, che non siano lo scontento e lo sgomento di una popolazione senza più valori ed esempi validi, unita perlopiù nella truffa e nella corruzione !
Questa bandiera quindi in attesa di un cambiamento epocale, non mancherà mai in Frazione Balma di ricordarci la Patria ormai lontana, e la figura indimenticabile di SM il Re Umberto II di Savoia !

giovedì 14 maggio 2009

Un ringraziamento !

Ringrazio la Gentile Lettrice di questo Blog, che ci ha fatto sapere tramite Mail di aver letto ed apprezzato su La Stampa di lunedì 4 maggio la lettere alla provincia da me pubblicata anche in questo spazio.
Oltre ad apprendere da questo contatto, che non sono il solo ad avere a cuore la Valle Cervo in cui risiedio, mi rallegro del fatto che questo Blog, venga letto.
Pare alle volte di rappresentare un novello Don Chisciotte, senza aver mai una testimonianza altrui (nel bene o nel male).
Ringrazio ancora quindi, ed invito gli altri eventuali lettori a scrivere.
Il vostro parere mi è prezioso !
Alberto Conterio - aconteri@hotmail.com

martedì 28 aprile 2009

La lettera

Questo che propongo alla vostra lettura è il testo di una lettera inviata ai giornali locali (Biellese - Eco - Nuova Provincia) in protesta alla trascuratezza dimostrata dalla provincia verso il territorio della Valle Cervo !

Valle Cervo !

Oggi mi sento particolarmente buono, …tanto buono che desidero, senza vanità alcuna, dare qualche “dritta” agli amici politici, che nostro malgrado saranno eletti ad amministrare la provincia di Biella. Perché ? Perché uno di questi giorni, mi sono imbattuto in alcuni manifesti di propaganda elettorale in vista delle imminenti elezioni per il rinnovo dell’Amministrazione Provinciale. Due sono state le mie sorprese, la più grossa, e che anche noi della Valle Cervo, facciamo parte della provincia di Biella, la seconda, e che questo “segreto” deve essere giunto alle orecchie di coloro che hanno intenzione di candidarsi !
Su alcuni manifesti infatti, si faceva esplicito accenno proprio alla Valle Cervo.
Non sto a raccontarvi il contenuto dei manifesti (promesse e assicurazioni a iosa) ne a rendere nota la firma in calce, ma Vi assicuro che la mia pressione sanguigna è salita di un baleno ai limiti di guardia.
Passati i primi 10 minuti di giustificata rabbia, ho pensato di rendermi utile alla comunità a cui appartengo sintetizzando lo stato della qualità della vita di un cittadino residente in valle, evidenziando alcune “piccolezze” di diretta responsabilità di questa provincia, comunque indicative del grado di rispetto che questi signori hanno normalmente per noi.
E’ con questo spirito, che ho scattato alcune fotografie lungo la strada che da Andorno-Sagliano, sale verso Piedicavallo, la SP.100.
Non ho dovuto faticare. Essendo infatti residente a Balma nel comune di Quittengo, una delle prime frazioni della valle che ha per asse viario proprio la strada provinciale che ho su citato, ho individuato in fretta nell’ordine : ammassi di fogliame autunnale ai fianchi della strada che impediscono il regolare deflusso sull’asfalto dell’acqua piovana e griglie di scolo delle canalette divelte o sollevate subito dopo frazione Bogna. Parapetti mancanti o seriamente danneggiati sul ponte in località Fucina (risalente all’alluvione di 7 anni fa).

Fermata dell’autobus Atap presso la stessa località priva di qualsivoglia sicurezza o confort per chi ha l’ardire di attendere un mezzo pubblico. Immagine di un palo a supporto delle “famose” linee telefoniche della valle al centro della frazione di Balma, evidente degrado presente nell’area “attrezzata” alla raccolta differenziata dei diversi materiali riciclabili della fermata autobus in cima alla stessa località prima dell’ex stazione ferroviaria. Vi invito a visionare le fotografie (che provano quanto scritto) pubblicate sul Blog creato quale diario aperto sulla mia frazione.



Sono tutte relative ad un tratto di percorso non superiore ai 600 - 700 metri ! Ripeto, è un’indagine che mi è costata 5 minuti al massimo.
Ciò, oltre a confermare la densità relativa ai disagi reali vissuti quotidianamente dai residenti, è prova del più completo e profondo disinteresse dimostrato dall’amministrazione provinciale verso queste lande perdute da sempre, e da tutti, compresi coloro che hanno oggi l’ipocrisia di presentarsi vergini a chiedere un voto.
Propongo un’idea semplice semplice ai Signori candidati. Prima di venire in valle ad “estorcerci” una preferenza per essere eletti, accordatevi tra di Voi per risolvere preventivamente un certo numero di problemi che ci affliggono, e noi cittadini, a con-sun-ti-vo, promettiamo di votare i più efficienti.
In questo modo ribaltiamo l’abitudine ormai consolidata di eleggere dei “fantasmi” sulla base di chi la spara più grossa. E’ un utopia dite Voi ?
Non fa nulla, vorrà dire che a giugno, si andrà al mare. Questa si, è una promessa che non sarà disattesa !
Arrivederci in valle !


28.04.2009 - Alberto Conterio

mercoledì 22 aprile 2009

La ferrovia a Balma

E con la nostalgia di mio nonno Guido, che scrivo queste poche righe riguardanti in trenino che giungeva alla Balma. Sovente nei suoi ricordi di gioventù, raccontava delle “puntate” alla Balma a bordo del trenino, per prendere il fresco d’estate. Egli saliva ad Adorno (dove risiedeva) alla stazione situata oggi ai giardini pubblici, e scendeva al “capolinea” della Balma. Ogni volta che mi parlava della Balma, mi ripeteva quella che al tempo doveva essere la caratteristica che più di ogni altra colpiva l’immaginazione dei viaggiatori di allora… era il martellare incessante di centinaia di scalpellini detti “pìcapere”. Doveva essere una sensazione davvero unica !



Comunque la linea che partiva da Biella e giungeva da noi in frazione, era uno dei rami delle Ferrovie Elettriche Biellesi, dette anche Ferrovie Economiche Biellesi, con binari a scartamento ridotto di soli 95 cm che permettevano un migliore inserimento nella morfologia del territorio, con la presenza di tratti in curva a raggio ridotto, ed elettrificati inizialmente con potenza di 850 Volt. L’insieme dei rami, che comprendeva le seguenti tratte

Biella - Balma / km 14 / anno costr. 1891 soppr. 1958
Biella - Cossato - Vallemosso / km 26 / anno costr. 1891 soppr. 1958
Cossato - Masserano / km 5,5 / anno costr. 1930 soppr. 19xx
Biella - Borriana / km 9 / anno costr. 1926 soppr. 1951
Biella - Mongrando / km 6,5 / anno costr. 1926 soppr. 1951
Biella - Oropa / km 14,25 / anno costr. 1911 soppr. 1958

avevano depositi ed officine a Biella naturalmente, ed erano considerate delle linee tranviarie.
La stazione di origine era collocata in Biella (capoluogo) di fronte ai giardini pubblici ove oggi ha sede l’agenzia turistica locale (ATL) che era il punto di origine anche di tutte le tratte elencate.
Per l’epoca, il progetto e la tecnica costruttiva impiegata, facevano di queste linee, impianti ferroviari all’avanguardia, con opere architettoniche ardite e importanti che consentivano di superare ad esempio, il forte dislivello tra Biella e Oropa (740 mt in poco più di 14 km) senza difficoltà e senza l’uso della cremagliera.

Linea - Biella Balma (stabilimento idroterapico e cave di sienite)

Fu realizzata principalmente per l’utilizzo legato all’estrazione della pietra nelle cave di Sienite della Balma, materiale molto diffuso ed esportato anche all’estero . La stazione aveva origine poco più distante da quella per Oropa, dove attualmente si trova Via Bertodano ed una estensione sino agli impianti ferroviari principali a scartamento tradizionale consentiva di trasbordare i carri a scartamento ridotto su appositi carrelli a scartamento ordinario e di evitare un oneroso trasbordo di materiale.
Fu sempre utilizzata dagli abitanti dalle Valle Cervo, che la apprezzavano molto, in quanto veloce mezzo di trasferimento, raccordato tra l’altro agli impianti della Linea Biella Santhià, insomma... un “servizio” completo ed efficiente, di quelli che oggi possiamo solo sognare. La linea si dipartiva da Biella, transitava ad Adorno Micca (sede di importante stabilimento idroterapico “Adorno bagni”), Sagliano Micca, con un’ansa speciale attraversava il Torrente Cervo e raggiungeva Miagliano , sede di importante industria tessile, e poi raggiungeva Quittengo in Frazione Balma, area di cave e stazione terminale della linea.